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Centrale di Bargi: cercare le responsabilità senza il pregiudizio dell’errore umano

Centrale di Bargi Vigili del Fuoco lago-bologna-esplosione

L’immagine di copertina dell’articolo è dell’Archivio VV.FF.


Centrale di Bargi: dove e come trovare le responsabilità

Dell’esplosione alla Centrale di Bargi sappiamo con certezza solo il numero dei morti e dei feriti. Per il resto, sulle cause, solo ipotesi. Ovviamente anche le responsabilità sono ben lungi dall’essere individuate al momento: soprattutto se ci si orienta con il consueto pregiudizio che vuole identificare un unico fattore alla base di incidenti e infortuni, magari nella fattispecie dell’errore umano.

Stupisce sempre infatti l’atteggiamento e la manifestazione di incompetenza, sui temi della sicurezza, di chi ai massimi livelli aziendali assume, di fronte a un evento di questo tragico livello, un atteggiamento giustificatorio senza riconoscere (questo dimostrano in realtà gli studi sulle modalità di accadimento degli eventi) che l’azienda e la sua organizzazione, sia sul piano operativo che della sicurezza, ha inevitabilmente commesso degli errori (sul terreno tecnico o delle procedure, o gestionali/organizzativi).

Alcune citazioni…

Maurizio Catino [1], Da Chernobyl a Linate. Incidenti tecnologici o errori organizzativi [2].

…che cosa genera gli incidenti? Sono sempre causati da un errore umano o forse è la tecnologica a fallire e se invece i disastri non fossero riconducibili a questi comodi capri espiatori ma fossero prodotti dai sistemi organizzativi?

Se è vero dunque che un incidente è attivato dall’errore di un operatore (un pilota, un macchinista, un tecnico della centrale), è altrettanto vero che quell’errore s’innesta spesso in un sistema organizzativo caratterizzato da criticità latenti che rimangono silenti finché un errore umano appunto non le attiva. Ne deriva che in molti casi le condizioni per l’errore umano sono precostituite, inintenzionalmente dall’organizzazione. Gli incidenti accadono inoltre non soltanto per la violazione delle norme da parte degli operatori, ma talvolta proprio per il rispetto di regole fallaci o non adatte alla complessità del compito.

Gli operatori non sono tanto i responsabili di un incidente quanto gli “eredi” di difetti presenti nel sistema e generati da attori e funzioni organizzative lontane nel tempo e nello spazio.

…quando accade un incidente in un’organizzazione complessa è l’organizzazione stessa che fallisce e non soltanto l’individuo a più stretto contatto con l’evento stesso

periodo di incubazione dell’incidente: si verifica allorché si manifesta e si accumula una serie di segnali contrastanti sulle norme della sicurezza…E’ in questa fase che si sviluppa il fallimento della previsione dell’organizzazione nel leggere i segnali deboli che preannunciano un possibile incidente di maggiore magnitudo.

James Reason, L’errore umano [3]

Autore del Modello di analisi organizzativa degli incidenti noto come Modello del formaggio svizzero, quale semplificazione in cui i processi sono le fette di formaggio con i buchi e i buchi rappresentano i fattori negativi (che possono essere l’errore umano, il guasto a una macchina, la mancanza di manutenzione, la rimozione delle protezioni, la mancanza di formazione degli addetti, procedure errate ecc…). Fintanto che i buchi non si sovrappongono l’incidente resta latente, solo quando le criticità della gestione del sistema vedono i buchi allineati l’uno sull’altro, ovvero quando sono tutti attivi nella loro negatività, il rischio non è più gestito e avviene l’incidente.

Anche se al momento non sappiamo esattamente quali siano stati gli errori nel caso specifico della centrale di Bargi, quello che sappiamo con sicurezza è che il contesto dove l’evento è avvenuto è nel suo complesso responsabile. Quindi le parole corrette da parte dell’azienda non sono certo quelle che tendono a giustificare, ma dovrebbero essere piuttosto quelle di chi si mette in gioco apertamente sul terreno delle responsabilità.

C’è un particolare che, seppur estraneo agli eventi, è forse interessante ricordare per riconoscere quegli elementi quantomeno di superficialità presenti nella gestione delle operazioni in corso alla centrale: operazioni di manutenzione di più elementi e in particolare, al momento dello scoppio, una prova di messa in esercizio prima del collaudo. Una situazione quindi non di operatività ordinaria ma potremmo convenire piuttosto eccezionale.

Bene in questo quadro e nel corso del pieno svolgimento di queste attività non ordinarie viene dato il permesso agli alunni di alcune classi delle scuole media di Vignola nel modenese di visitare la centrale.

“Una sessantina di studenti di terza media sono scampati alla strage di Suviana per pochi minuti”, riportano i giornali locali, ”l’esplosione è avvenuta poco dopo la visita al Laboratorio delle acque presso l’impianto di Bargi”.

E i ragazzi sono salvi solo per il grande senso di responsabilità e il buon senso degli insegnanti che li accompagnavano che, sentendo un cattivo odore, li hanno fatti allontanare quel tanto che è servito a salvarli.

Non sappiamo quale funzione aziendale abbia dato il benestare per questa visita certo non è un comportamento che depone a favore delle capacità di gestione dei rapporti e della sicurezza di visitatori e utenti esterni. Se i ragazzi fossero stati coinvolti nessuno negherebbe la responsabilità di Enel in proposito, per fortuna non è stato così ma questo particolare, che potrebbe avere conseguenze considerando il rischio e la paura dei ragazzi e delle loro famiglie, getta una qualche ombra sulle capacità gestionali dell’azienda che potrebbe riguardare l’evento nel suo complesso.


NOTE

[1] Docente presso la Bocconi di sociologia dell’organizzazione.

[2] Da Chernobyl a Linate. Incidenti tecnologici o errori organizzativi, Bruno Mondadori Ricerca,2006.

[3] James Reason, L’errore umano, Il Mulino, 1994.

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