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Report dell’OCSE sullo stato della salute e della prevenzione nel nostro Paese

02ocseL’OCSE ha recentemente redatto un rapporto sui Servizi Sanitari dei Paesi Membri, descrivendo anche la situazione  In Italia come sostanzialmente buona ma con necessità di urgenti interventi di modernizzazione ed omogeneizzazione dei sistema di tutela. 

> scarica il rapporto originale OCSE (inglese, formato pdf)

L’OCSE ha evidenziato che nel nostro Paese l’aspettativa di vita, a 82,3 anni, è la quinta più alta l’OCSE. I tassi per  asma, malattie polmonari croniche e diabete (marcatori della qualità delle cure primarie) sono tra i migliori in sede OCSE, e la mortalità dopo ictus o attacco cardiaco (marcatori del qualità delle cure ospedaliere) è  ben al di sotto media OCSE. Buona salute e cure sono raggiunte a basso costo –  (USD 3 027 pro capite) e quindi l’Italia spende molto meno di paesi vicini come l’Austria (USD 4 593), la Francia (USD 4 121) e Germania (USD 4 650). Queste cifre notevoli, tuttavia, mascherano in realtà profonde differenze regionali.  Ad esempio i bambini della Sicilia sono ammessi in ospedale con un attacco d’asma cinque volte di più che  in Toscana.

Nel descrivere al situazione italiana, sono stati criticati alcuni aspetti della differenziazione tra  regioni e soprattutto si è evidenziata la necessità di rivedere tutto il sistema informativo.  L’OCSE ha preso atto che  con la crisi economica il consolidamento finanziario è diventato una priorità, e vi sono alcuni aspetti che occorre considerare con attenzione. Ad esempio, la prevalenza di demenza,gli anni di vita sana e le limitazioni delle attività quotidiane a 65 anni, mostrano tutti un peggiore andamento  in Italia rispetto  alla  media OCSE  .Inoltre, altro dato  preoccupante, è che i  bambini italiani sono tra i più in sovrappeso in seno all’OCSE. Per affrontare queste sfide, L’Italia deve urgentemente porre una priorità nell’assicurate  qualità ai servizi di assistenza sanitaria insieme alla   sostenibilità economica dei medesimi .

Le differenze regionali devono essere assolutamente ridotte , in parte dando alle autorità centrali un ruolo più incisivo nel sostenere e promuovere il controllo regionale sulle prestazioni locali. Coordinare le cura  per le persone con necessità complesse di assistenza complesse e rafforzare le  cure primarie è fondamentale ma dovrà anche essere garantito che le conoscenze e le competenze dei lavoratori coinvolti nella assistenza sanitaria siano abbinati meglio alle esigenze.

Si è già accennato al sostanzialmente  buon giudizio sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN) , atteso  che lo scopo era dal 1978 quello di garantire l’accesso universale ad un livello uniforme di cura in tutto il Paese , gratuitamente e presso i punto di utilizzazione, con il finanziamento da parte della fiscalità generale. A tal punto che il sistema oggi è diventato fortemente attrattivo per molti altri cittadini anche non europei . Il Ministero della Salute svolge la funzione di amministratore generale ma il tessuto connettivo e la sostanza del sistema è rappresentato  dalla rete di ASL (Azienda Sanitaria Locale) e Aziende Ospedaliere (AO) a cui sono in gran parte delegate funzioni esecutive . Il ASL forniscono cure primarie, cure secondarie, interventi di salute pubblica, del lavoro assistenza sanitaria e interventi per la  salute connessi all’assistenza sociale a livello locale. L’articolazione tra il ruolo di guida del governo centrale e governo regionale  è espressa nel Patto per la salute (Patto per la salute),  che è triennale e attuato di comune accordo tra i governi centrali e regionali.

Le riforme più significative degli ultimi anni riguardano la governance del sistema sanitario. Dal 2001 le riforme costituzionali hanno portato alla creazione di 21 sistemi sanitari diversi, che hanno operato ed operano  senza omogenea infrastruttura informativa e con diverse capacità tecniche. Molti bilanci sanitari regionali hanno espresso deficit, obbligando di fatto le autorità centrali  alla necessità di  imporre  Piani di Rientro (Recovery Plans) in otto casi. Questi piani  hanno pero’ introdotto un nuovo giocatore nella partita della sanità , che attualmente  domina la politica nazionale di assistenza sanitaria – il Ministero delle Finanze. E questo anche se il Ministero della Salute ha mantenuto il suo ruolo nell’assicurare che i livelli essenziali di assistenza siano forniti a livello regionale. Di fatto il  Ministero delle Finanze è diventato un attore importante  coinvolti nella progettazione e approvazione delle politiche economiche sanitarie.

In larga misura, allora, il centro di questa brusca ripresa del controllo centrale è stato per cosi dire  “finanziario”  e la qualità delle cure rischiava di divenire secondaria.

Oggi l’Italia si trova ad affrontare, quindi, due grandi sfide. La prima  è quella di garantire che gli sforzi in corso per contenere la spesa del sistema sanitario non riducano la salute e le cure, assumendo a tal fine  la qualità come principio fondamentale della governance.

Il secondo scopo dovrebbe essere quello di sostenere i territori con infrastrutture più deboli e che presentano  ridotta capacità di fornire cure di qualità pari alle migliori zone performanti.

Ma per il monitoraggio della qualità è necessario un miglioramento a livello di sistema. Negli ultimi dieci anni, sono state sviluppate una serie di  attività inerenti alla qualità, da Centro, Territori  e Agenzie. Tali azioni erano sviluppate con profondità e portata diverse, ma tutte con poco coordinamento. Sono stati sviluppati ad esempio diversi modelli di accreditamento e strumenti di gestione delle prestazioni utilizzate, rendendo difficile il confronto con standard nazionali  e limitando la responsabilità dei fornitori verso gli utenti. Questi approcci divergenti devono ora essere rivisti. Allo stesso tempo, altre strategie chiave per la qualità sono state poco sviluppate o assenti, ad esempio i requisiti per la ri e certificazione,  e per gli sviluppi professionali  non sono stabiliti. Inoltre i sistemi di pagamento non premiano i miglioramenti nella cura del paziente e risultati clinici.

Al di la’ dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) da conseguire in tutto il paese, in Italia le Regioni e Province autonome  sono responsabili per l’attuale progettazione ed erogazione di servizi. Le regioni  hanno una notevole potere legislativo ed anche funzioni esecutive e di valutazione che consentirebbero loro di svolgere questo ruolo. Le carenze esistenti  devono pero’ essere affrontate e risolte per assicurare che l’assistenza sanitaria italiana sia di architettura di qualità  paragonabile ai migliori sistemi sanitari OCSE.

Rimangono un certo numero di altre sfide per migliorare la qualità delle cure in Italia:

  • L’infrastruttura dell’informazione in Italia è poco sfruttata a causa di una debole capacità di correlazione dei dati raccolti. Ciò per l’uso limitato di sanità elettronica. In particolare poi  profondità e ampiezza degli  indicatori su cure primarie e  comunità non sono sufficienti per  costruire un quadro completo dell’efficacia, della sicurezza e sulla realizzazione di interventi centralizzati sulle necessita’ e bisogni degli utenti (si fa riferimento ai tempi di attesa, alle migrazioni tra  strutture diverse per prestazioni sanitarie complesse, alla inadeguatezza delle valutazioni di qualita’ ed efficacia).
  • Nonostante un peso in rapida crescita delle malattie croniche, l’Italia sta facendo progressi piuttosto lenti verso un modello di sistema sanitario in cui la gestione delle malattie croniche e la prevenzione sono in prima linea. L’Italia spende meno di un decimo di quello che si spende per la prevenzione  nei Paesi Bassi e in Germania.
  • La professione medica continua a fare affidamento sulla certificazione di una volta e su sistemi relativamente poco impegnativi di Educazione Continua in Medicina rispetto a tutti gli altri paesi OCSE.

Vi è  insufficiente attenzione politica per i  meccanismi che promuovono la qualità della forza lavoro, la ri-certificazione o il sistema professionale basato anche  peer-to-peer.

C’è una mancanza di informazioni relative alla qualità orientata verso i pazienti. In generale, la diffusione delle informazioni su prestazioni e fornitori di assistenza sanitaria rimane sottoutilizzata come potenziale veicolo  per il miglioramento continuo della qualità.

Occorre passare da un sistema di ragionieri che privilegia il bilancio ed il controllo, ad uno che  dia priorità alla qualità. Gli incentivi finanziari devono essere allineati ai risultati ed alla  qualità delle cure.

Potrebbe essere necessario un ruolo maggiore per le agenzie centrali, come la Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) allo scopo di realizzare questo lavoro, senza gestire le Regioni , ma per aiutarle a gestire il cambiamento e migliorare le performances di ospedali, cliniche e professionisti nel loro territorio. E deve anche essere considerata  una certa  mancanza di standard e di un uso efficace delle linee guida nelle cure primarie

Del resto, l’approccio in Italia per l’utilizzo delle linee guida cliniche è un altro esempio di come  le buone intenzioni politiche non siano supportate da adeguati meccanismi per  garantirne l’attuazione.

Le  Linee guida sono sviluppate sia dai Ministeri che dalle autorità regionali, ma anche da  società professionali e scientifiche. L’Implementazione, però, è responsabilità delle Regioni. Nonostante la creazione nel 2004 del Sistema Nazionale per le Linee Guida per rendere le linee guida cliniche facilmente accessibile, non esistono incentivi sistematici per stimolarne l’applicazione e non c’è neppure un quadro coerente per monitorare la loro attuazione a livello di servizio.

Un modello da emulare invece è quello della Svezia, dove il governo centrale fornisce sovvenzioni per i governi regionali per promuovere linee guida e la loro attuazione. Nuove linee guida sulla demenza, ad esempio, sono state accompagnate da sovvenzioni da erogare al governo locale.  Le regioni erano quindi libere di utilizzare i fondi aggiuntivi come meglio credevano. Questo approccio mantiene l’autonomia regionale e la responsabilità per l’attuazione efficace.

Non vi è dubbio che L’Italia dovrebbe sfruttare meglio la propria infrastruttura per le  informazioni L’Italia ha un gran numero di  banche dati nazionali e regionali che contengono informazioni sulla qualità e risultati di  cure. La Griglia LEA è utilizzata  dal Ministero della Salute per monitorare l’accesso locale al Livelli Essenziali di Assistenza. La Griglia LEA dovrebbe quindi essere applicata uniformemente in tutto il paese contenendo risultati di qualità-correlati, come i tassi di interventi chirurgico post frattura entro 48 ore e tassi di letalità seguenti ad un  infarto acuto del miocardico.

Anche se si parte  da una base importante per un livello nazionale di approccio coerente al monitoraggio delle prestazioni, l’utilità e l’impatto del Griglia LEA è limitata dal fatto che essa contiene solo 31 indicatori. Il Programma Nazionale Esiti (PNE – Programma Nazionale Esiti) è una quadro più ambizioso. Progettato da medici e coordinato da AGENAS, il Programma Nazionale Esiti copre quasi 129 indicatori, compresi sia di processo e misure di esito clinico, disaggregati per livello comunale e l’ospedale. Al di là di questi quadri nazionali, esistono una serie di banche dati sanitari a livello regionale e locale. In aggiunta, ci sono numerosi registri dei pazienti, la maggior parte dei quali sono gestiti da professionisti e società scientifiche. In generale, questi registri di pazienti sono altamente frammentati, con una copertura irregolare e senza collegamento in tutto il paese.

Nel tentativo di fare il miglior uso di questi dati, è stato istituito bel 2001 il Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS – Nuovo Sistema Informativo Sanitario). Uno degli obiettivi principali del NSIS è stato quello di standardizzare il tipo e il formato di dati sanitari raccolti attraverso i sistemi sanitari regionali italiani. La creazione del NSIS è stato un passo importante, ma l’alto potenziale di raccolta e gestione dei dati all’interno del sistema salute  rimane inutilizzato a causa delle persistenti difficoltà nel collegare i dati su singoli pazienti provenienti da diversi database. Senza collegamento, la costruzione di un quadro multidimensionale della qualità e dei risultati delle cure è impossibile. Nonostante l’esistenza di un identificativo unico per paziente, il NSIS ha ancora un quadro molto incompleto della cura dei pazienti al di fuori del contesto ospedaliero. La maggior parte delle difficoltà nel collegare i dati è a livello regionale. Attualmente, solo Le Regioni  e ASL possono collegare banche dati, ma alcuni di loro non lo fanno o  non hanno la capacità tecnica di effettuare tale collegamento. Inoltre, le procedure per ottenere  il collegamento non sembrano standardizzate e spesso non sono trasparenti i  criteri utilizzati per valutare le proposte. Tutto cio’ riduce le possibilità di monitorare il miglioramento della qualità e  lo svolgimento delle ricerche sanitarie.

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