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La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia

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Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati.

La Commissione parlamentare istituita il 31 ottobre 2019 ha avviato, dopo circa un anno di inattività, i lavori di ricognizione e  approvato la Relazione intermedia sull’attività lo scorso 20 aprile. La relazione, oltre ad individuare tematiche emergenti strettamente connesse alle condizioni di lavoro, si sofferma con specifica attenzione sui cambiamenti avvenuti e in corso  nei rapporti di lavoro e sul nesso tra condizioni di rischio e illegalità.  Le audizioni, con soggetti istituzionali e con rappresentanti delle associazioni datoriali (colpisce negativamente la totale assenza delle Organizzazioni sindacali), hanno permesso ai componenti della Commissione di raccogliere informazioni in merito a situazioni critiche quali: il lavoro nel settore dell’agricoltura, il diffondersi del caporalato nel Paese, nei più diversi comparti, l’insorgere del “caporalato digitale”, i problemi di sicurezza nel settore della logistica.

Con cinque sopralluoghi la Commissione ha approfondito le conoscenze dei territori/settori critici sopra indicati, considerati quelli di maggior interesse in questa fase dell’indagine.

Significative sono state le osservazioni della Commissione in riferimento agli incidenti sul lavoro. Si osserva in merito che questi ricadono “quasi esclusivamente su operai e manovalanza di vario tipo” e che “sono vittime sempre gli anelli deboli della catena lavorativa”. È quindi al sistema organizzativo dell’impresa che bisogna guardare, sistema

che non presta la dovuta attenzione a tutti gli obblighi della sicurezza e che scarica sui lavoratori, rectius sulla loro pelle, i deficit strutturali e organizzativi dell’ambiente di lavoro.

Quindi, sottolinea la Commissione,

non si muore soltanto di cadute dall’alto o per schiacciamento o altre dinamiche ma anche per la cattiva organizzazione.

I dati INAIL e le analisi delle Asl e dell’Ispettorato del lavoro dimostrano che siamo di fronte non solo alla crescita degli eventi mortali e gravi, ma anche ad un ripetersi costante delle cause degli eventi: cadute dall’alto, schiacciamento, coinvolgimento del corpo del lavoratore in “impianti micidiali”. Questo dimostra che l’evoluzione tecnologica, se non accompagnata dalla crescita in particolare della formazione e dall’addestramento, non può di per sé  garantire migliori condizioni di lavoro e non “può sopperire all’incuria alla trascuratezza alla superficialità con cui si gestisce una macchina, un impianto, un’attrezzatura”.

Della corposa Relazione prenderemo in considerazione il tema del caporalato, rinviando ad ulteriori approfondimenti.

Il caporalato e le sue nuove forme

1. Il caporalato urbano

Il tema del caporalato è al centro dell’analisi svolta dalla Commissione: gli eventi rilevati nel corso dell’indagine, le audizioni e i sopralluoghi hanno indotto ad ampliare il “raggio di azione”, inizialmente indirizzato al settore dell’agricoltura,

per approfondire fenomeni di sfruttamento presenti non solo nel settore agricolo, ma anche nel comparto tessile (significativa tra tutte, la missione svolta nella realtà del distretto tessile di Prato) e, più in generale, in alcune realtà industriali a volte insospettabili. Ne è emerso un quadro di come il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori, da parte di caporali senza scrupoli, si sia evoluto significativamente nel corso degli ultimi anni.

La Commissione rileva quindi come oltre che in agricoltura, settore storicamente interessato al fenomeno, l’intermediazione illecita di manodopera viene praticata in numerosi altri settori quali: edilizia, sanità, assistenza, case di cura, logistica, call-center, ristorazione, servizi a domicilio, pesca, cantieristica navale. L’ambito territoriale interessato non è più solo quello delle campagne, ma anche quello delle periferie metropolitane per i settori dell’edilizia, trasporti, facchinaggio e manutenzione. La Commissione ha pertanto utilizzato la definizione di «caporalato urbano» con riferimento al “reclutamento di lavoratori presso individuabili punti della città per servizi o prestazioni di breve durata”, a fronte di una “offerta di incontrollato bracciantato metropolitano per lo più straniero”.

È d’altronde difficile che i lavoratori coinvolti denuncino il fenomeno, per timore di perdere il lavoro e per altri ben motivati timori: la possibilità di emersione del fenomeno è quindi legata, secondo gli estensori della Relazione, all’esistenza e all’operatività di strutture di sostegno territoriali in grado di garantire assistenza alle vittime.

2. Il caporalato digitale

I cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e nei rapporti di lavoro (già avvenuti o rapidamente in corso), in cui spesso la figura del datore di lavoro è  “sempre più evanescente”, creano secondo la Commissione

l’occasione favorevole per la nascita di nuovi fenomeni di sfruttamento del lavoro, quale ad esempio il caporalato digitale, dove i lavoratori della gig economy [1] hanno sostituito i braccianti agricoli.

Nella Relazione si sottolinea come la complessità e la rapidità con cui i  cambiamenti sono avvenuti (in primis il decadere delle coordinate spazio temporali, fondamentali fino ad oggi per definire criteri di performance lavorativa, controllo e produttività)  richiedano un rilettura del quadro normativo per i riflessi che questi hanno sulle condizioni di lavoro. Particolarmente gravi emergono dall’analisi della Commissione gli aspetti connessi all’intreccio tra modalità organizzative del lavoro e controllo del medesimo:

Le nuove tecnologie stanno mutando radicalmente la dimensione spaziotemporale dei luoghi di lavoro. Per i rider, i luoghi di lavoro sono le città, per i nuovi operai dell’Industria 4.0 vi sono i cosiddetti cyberphysical workplace – luoghi di lavoro in cui software ed algoritmi sono complementari agli hardware: macchine, robot, computer, braccialetti o visori di realtà aumentata. Per entrambi, il tempo di lavoro è ormai calcolato minuziosamente sul tempo effettivamente lavorato e valutato da scrupolosi ed invasivi strumenti di performance metrics.
Ma il pericolo più grande è che l’algoritmo e, più in generale, l’intelligenza  artificiale possano diventare uno strumento prescrittivo senza controllo. Gli algoritmi funzionano principalmente come sistemi atti a produrre canoni da considerare come  standard al quale adeguarsi per massimizzare le performance dei lavoratori. Questi congegni, inoltre, utilizzano i medesimi standard anche per dirigere, controllare ed eventualmente sanzionare i lavoratori.
Nell’organizzazione dei fattori di produzione l’utilizzo dell’algoritmo si traduce sostanzialmente in una gestione dei lavoratori affidata quasi totalmente ai computer che assicurano processi di selezione e gestione del lavoro più efficaci poiché riducono drasticamente i tempi ed evitano l’intervento umano.

Le principali proposte di intervento normativo avanzate dalla Commissione

Norme di contrasto del fenomeno delle cooperative Spurie

  • diversa qualificazione della fattispecie Penale
  • inasprimento delle sanzioni
  • possibilità di utilizzare intercettazioni Telefoniche ed ambientali

Prevedere una fattispecie di reato autonoma per colui che si avvale di lavoratori in  condizioni di sfruttamento

Introduzione di una specifica disciplina sulla responsabilità dell’ente, nei casi di sfruttamento dei lavoratori, nell’ambito di gruppi societari o rispetto a società che svolgono un controllo di fatto su altre imprese collettive

In materia di subappalti introduzione obbligo parità trattamento economico e normativo tra lavoratori dipendenti della società appaltante e i lavoratori dipendenti della società appaltatrice

Ampliamento dei casi di responsabilità solidale del committente non solo alle obbligazioni di natura contributiva

Introduzione di norme specifiche che consentano di recepire anticipatamente nell’ordinamento italiano le forme di tutela elaborate dalla Commissione europea per migliorare le condizioni di lavoro negli ambiti in cui vengono utilizzate delle piattaforme digitali

Nuova fattispecie penale volta a contrastare l’organizzazione dell’attività lavorativa mediante violenza o minaccia


NOTE

[1] Gig economy: modello economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo e non su prestazioni stabili e continuative caratterizzate da maggiori garanzie contrattuali.

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