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La chiave per il lavoro a distanza: la fiducia

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la chiave per il lavoro a distanza la fiducia

La digitalizzazione del lavoro è attualmente un tema centrale dei rapporti e delle condizioni di lavoro: tema che presenta una molteplicità di aspetti da esaminare con attenzione, competenze multidisciplinari, ma soprattutto senza pregiudizi, malevoli o benevoli che siano.

Ne abbiamo parlato in un recente articolo con riferimento ad una indagine comunitaria che evidenziava come sarebbe necessario oggi affrontare prioritariamente la questione delle ricadute sociali (ad esempio la perdita di posti di lavoro, la formazione delle competenze, la ridefinizione del concetto di orario e luogo di lavoro…) conseguenti all’introduzione delle Information Communication Technologies. Sono infatti evidenti i cambiamenti organizzativi che conseguono all’introduzione delle ICT: in primis la caduta delle coordinate spazio-temporali nei rapporti di lavoro per quella moltitudine di operatori che praticano la smart working o che lavorano con una piattaforma.

Ma la realtà, che come spesso accade supera l’immaginazione, ci pone oggi di fronte ad un’accelerazione dell’utilizzo del lavoro digitale che non avremmo mai immaginato: a seguito del lockdown nell’arco di poco più di n mese i lavoratori che operano da remoto si sono moltiplicati a dismisura, anche nel nostro paese che (forse erroneamente) non avremmo certo considerato tra i primi in Europa per sviluppo digitale.

Questi sono e saranno quindi i temi che maggiormente interessano e interesseranno la prevenzione e la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro: lo sono già nel presente e lo saranno sempre di più nel futuro.

Seguiremo certo con impegno gli sviluppi, in ambito nazionale e comunitario, della molteplicità di aspetti che sono coinvolti in questo cambiamento epocale del lavoro indotto dall’affermarsi dell’Impresa 4.0.

In questo specifico e molto particolare momento, non vogliamo abbandonare il tema ma riteniamo sia più utile offrire pillole di informazione, esperienze e buone prassi che, nella loro semplicità, offrono importanti spunti di riflessione e indicazioni operative cui possono fare riferimento aziende, lavoratori e Rls.

Come per il precedente articolo (Digital Detox: sei pronto per la sfida?) abbiamo trovato nel sito francese My Happy Job [1] spunti interessanti che offriamo ai nostri lettori.

Fabienne Broucaret [2], fondatrice e caporedattore di My Happy Job intervista Camille Fauran, amministratrice  delegata di Welcome to the Jungle [3], una start-up lanciata nel 2015.

D. Normalmente, hai il 10-15% della tua forza lavoro in “remoto totale”, vale a dire dipendenti che lavorano in remoto in modo permanente…

R. Sì, la domanda di operare in remoto è nata molto presto da noi. Già il nostro quarto dipendente è stato effettivamente assunto  per lavorare in remoto totale all’interno del nostro team tecnico. Ci è poi sembrato essenziale utilizzare questa modalità di lavoro  per reclutare promotori  perché, ci ha permesso di superare i limiti derivanti dall’esserci concentrati  esclusivamente sul bacino di Parigi, facendoci perdere molti talenti da lanciare.  C’è comunque chi vuole tornare a lavorare in azienda e chi continua a preferire lo smart working permanente

D. Cosa hai messo in atto per far andare tutto bene?

R. Abbiamo redatto una carta per il telelavoro che definisce le regole  per il telelavoro parziale e totale. Ma la chiave per lavorare bene a distanza, per me, è la fiducia. Manteniamo un collegamento regolare. I dipendenti vengono una volta al mese in sede, sono presenti in tutti i momenti salienti della vita aziendale  come le riunioni trimestrali e le attività di team-building. Noi ci assicuriamo che lavorino in buone condizioni, abbiano tutti i materiali  necessari  sia che stiano a casa o che utilizzino uno spazio di co-working. Per passare alla modalità di  telelavoro parziale, chiediamo che avvisino con 24 ore di anticipo. È questa una pratica molto comune, ma dipende, ovviamente, dalla professione e dalla personalità di ciascuno

D. Come vi siete organizzati con il lockdown?

R. Quando abbiamo ritenuto che la crisi stesse peggiorando, abbiamo rapidamente pensato ai processi da attuare per intensificare  il telelavoro. Abbiamo istituito una task force con dipendenti che stavano già lavorando in remoto su base permanente per beneficiare del loro feedback. Ci hanno aiutato ad anticipare cosa pianificare: gli strumenti per garantire le videoconferenze con tutte le funzionalità (numero di partecipanti, durata , frequenza, ecc.), buona comunicazione aziendale, documenti per aiutare i manager ad organizzare riunioni remote, definizione di procedure  per rispondere efficacemente a domande ricorrenti, ecc. Questo ci ha permesso di reagire rapidamente all’annuncio della chiusura delle scuole e del confinamento. Abbiamo anche organizzato brevi sessioni di formazione fornite dai nostri  stessi dipendenti più esperti. Ancora più del solito, utilizziamo Slack (una sorta di WhatsApp per le aziende) come messaggistica istantanea per facilitare gli scambi. Inoltre  abbiamo lanciato un sondaggio settimanale per comprendere  meglio la situazione dei nostri team. Hanno l’attrezzatura giusta? Come stanno? Riescono a lavorare?

D. Come molte aziende, devi avere situazioni molto diverse: persone che vivono da sole a casa, altre con bambini, ecc. Come  gestisci tutto questo quotidianamente?

R. Siamo pragmatici. Spetta ai manager identificare i membri del loro team che vivono da soli e/o non vivono bene l’isolamento. Possono creare delle routine amichevoli e informali: per alcuni sarà un caffè su Skype prima di iniziare la giornata lavorativa, per altri un drink tramite Zoom alla fine del pomeriggio. Quindi ci sono contatti giornalieri.
Per i genitori, la parola d’ordine è flessibilità. Condividiamo le nostre agende  online e alcuni di loro inseriscono degli spazi durante il giorno per prendersi cura del proprio bambino, fare scuola in casa, ecc.
Comprendiamo appieno che i giorni lavorativi non possono essere gli stessi del solito! I manager mostrano comprensione, soprattutto perché alcuni  di loro condividono  gli stessi problemi. Spetta a tutti trovare il proprio ritmo e determinare le fasce orarie dedicate alla sfera professionale.

D. Quali pensi siano le insidie ​​da evitare durante questo periodo di confinamento?

R. Il primo errore sarebbe quello di continuare a comunicare come al solito. La società deve essere proattiva per poter capire quando e se  la situazione è particolarmente  difficile per alcuni. La comunicazione interna deve pertanto essere potenziata.
La seconda trappola sarebbe quella di essere sospettosi, controllare le ore di connessione, i tempi di risposta alle e-mail, ecc. Non è piacevole per nessuno e non è nemmeno efficace.


NOTE

[1] My Happy Job è un sito francese che si occupa di qualità della vita lavorativa ed offre la consulenza di esperti e pratiche indicazioni per  migliorarne  le condizioni.
[2] Fabienne Broucaret, laureata in Scienze-Po Parigi (Istituto studi politici), è la fondatrice e caporedattore di My Happy Job. Relatrice, appassionata di questioni di genere, è anche autrice dei libri “Sport, l’ultimo bastione del sessismo?” e “Ottieni tutte le tue scarpe da ginnastica! Tour de France per lo sport femminile” (Michalon). Ha anche scritto “Cronometro 2h per disconnettersi (e ritrovarsi)” con Virginie Boutin (Dunod, maggio 2018).
[3] La Welcome to the Jungle, si occupa di aiutare sia i candidati che le aziende a trovare il loro percorso attraverso la giungla spesso ingarbugliata del reclutamento. “Costruire relazioni di qualità è una parte importante di ciò che facciamo: supportiamo i candidati alla ricerca della migliore azienda per soddisfare le loro competenze e necessità e assicuriamo che le aziende incontrino i talenti che sono là fuori a cercarli!”

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