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Sulla mancata protezione dei lavoratori dal rischio rapina

a cura di Gerardo Porreca
fonte: Punto Sicuro

Cassazione Civile, Sez. Lav., 13 aprile 2015, n. 7405

Si esprime la Corte di Cassazione civile sezione lavoro in questa sentenza in merito all’applicazione dell’art. 2087 del codice civile con riferimento a una rapina subita da un lavoratore dipendente di un ufficio postale nel momento in cui lo stesso era intento a sollevare la saracinesca del locale che ospitava l’ufficio stesso. Il datore di lavoro, ha sostenuto la suprema Corte, ha il dovere di garantire l’integrità fisica dei lavoratori mantenendo in efficienza i mezzi di tutela attraverso la tecnologia al momento disponibile. Nel caso in esame la stessa ha accolto il ricorso del lavoratore che aveva lamentata la mancata presenza di un sistema di videosorveglianza che avrebbe potuto prevenire l’accaduto e dissuadere il malintenzionato.

 Il fatto

La Corte d’Appello ha rigettato, seppure per una diversa motivazione, il gravame proposto da un lavoratore dipendente di un ufficio postale nei confronti del suo datore di lavoro avverso la decisione del Tribunale che aveva disatteso la sua domanda di risarcimento dei danni subiti per effetto di tre successive rapine di cui lo stesso lavoratore era rimasto vittima nello svolgimento della sua attività presso l’ufficio postale. La Corte territoriale, rilevato che la responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c. non ha carattere oggettivo, aveva ritenute inidonee le misure effettivamente adottabili a scongiurare gli eventi delittuosi, escludendo in concreto un nesso di causalità tra la mancata adozione degli accorgimenti che si assumevano essere stati omessi (sistemi di videosorveglianza, collegamento diretto con le forze dell’ordine, sistemi di apertura a tempo ovvero di allarme interno) e la verificazione dell’evento stesso.

Avverso la sentenza della Corte di Appello il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione fondato su alcune motivazioni. Lo stesso ha lamentato, infatti, che il gestore dell’ufficio postale, pur avendo l’obbligo di adottare ogni cautela necessaria per scongiurare il verificarsi di eventi pregiudizievoli per i lavoratori, non avesse utilizzato tutti gli strumenti tecnici messi a disposizione dalla tecnologia dell’epoca dei fatti. Ha lamentato, inoltre, che la Corte territoriale non avesse preso in considerazione tutte le misure effettivamente adottabili trascurando altresì l’effetto deterrente che l’adozione di opportune misure avrebbe potuto svolgere.

Le decisioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore nei limiti di seguito indicati. La stessa ha fatto notare che gli eventi delittuosi di cui è stato vittima il lavoratore si sono tutti realizzati al di fuori dei locali dell’ufficio postale e, in particolare, nel momento in cui il lavoratore era intento a sollevare la saracinesca per entrare nello stesso e che inoltre l’unica misura di tutela attuata dalla parte datoriale consisteva nell’essere il bancone protetto da vetri antisfondamento, mentre non era stato concretamente realizzato ed attivato alcun mezzo di sicurezza rivolto all’esterno.

La prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro, ha messo in evidenza la Sezione Lavoro, è insita nella tipologia dell’attività esercitata dal datore di lavoro, stante la movimentazione, per quanto contenuta essa fosse, di somme di denaro e non può dunque dubitarsi che fosse preciso dovere della parte datoriale predisporre e mantenere in efficienza quei mezzi di tutela, concretamente attuabili secondo la tecnologia disponibile nel periodo, almeno potenzialmente idonei a tutelare l’integrità fisica del lavoratore, in ossequio al principio dettato dall’art. 2087 cc. “Il che non significa”, ha così proseguito la suprema Corte, “che tali mezzi dovessero essere certamente in grado di impedire il verificarsi di episodi criminosi a danno del dipendente, bensì che gli stessi dovevano consistere in quelle misure che, secondo criteri di comune esperienza, potevano risultare atti a svolgere, al riguardo, una funzione almeno dissuasiva e, quindi, preventiva e protettiva”.

La Corte territoriale ha presa la sua decisione, secondo la Corte suprema, sulla base del presupposto che i sistemi di videosorveglianza possano valere in linea di massima solo per la successiva identificazione degli autori dei reati e ha trascurato invece di considerare che, secondo ovvie regole di esperienza, proprio tale possibilità è in sé produttiva di effetti dissuasivi e, quindi, anche preventivi. Sulla base di tali considerazioni quindi la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal lavoratore e ha cassata la sentenza impugnata rinviando gli atti alla Corte di Appello di provenienza per un nuove esame in diversa composizione.

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