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Non c’è sicurezza senza divulgazione

Con la nuova rubrica L’Italia che lavora in sicurezza (senza pretendere di sostituirci alle funzioni che vengono o dovrebbero essere svolte dalle istituzioni nazionali e territoriali), vogliamo proseguire nel percorso di divulgazione che abbiamo fin qui condotto e facilitare l’accesso a informazioni spesso disperse in una molteplicità di fonti (tenendo conto del panorama nazionale, senza trascurare anche quello comunitario e  internazionale), sia istituzionali che delle parti sociali, affinché i nostri lettori possano essere aggiornati e acquisire informazioni utili in materia di salute e sicurezza  fornendo sintetici resoconti, allegando materiali, indicando indirizzi per eventuali approfondimenti.


Di cosa è fatta la sicurezza sul lavoro

Garantire a chi lavora un ambiente salubre e sicuro è innanzitutto frutto dell’impegno costante nel tempo e della collaborazione del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti, dei lavoratori e dei loro rappresentanti. Ma è anche il risultato dell’applicazione di un gran numero di discipline che dalla psicologia all’ingegneria, dalla medicina alla chimica al management, alla scienza della comunicazione e della formazione (per citarne solo alcune) offrono, a seguito di approfondite ricerche, soluzioni pratiche da attuare nelle aziende/amministrazioni per risolvere i più diversi problemi che, quotidianamente, si presentano in un ambiente di lavoro, mettendo a rischio la salute e la sicurezza di chi in quell’ambiente opera e vive gran parte della propria giornata e del proprio tempo di vita.

Tutte le figure (1) che abbiamo citato, e oltre a queste il medico competente, il Responsabile del Servizio di prevenzione e protezione e gli addetti, i componenti le squadre antincendio e di primo soccorso, seguono un percorso formativo differenziato per competenze e responsabilità.
Tuttavia, nonostante questa formazione specifica, essere aggiornati e acquisire in tempo reale le informazioni utili a garantire il miglioramento nel tempo delle condizioni di lavoro non è cosa da poco: oltre alle conoscenze specifiche con riferimento alle diverse discipline – necessarie per trasferire le informazioni su un terreno pratico e con riferimento ai diversi contesti aziendali – c’è un problema di reperimento di tali informazioni, spesso dislocate nelle biblioteche di diverse università o enti di ricerca.

Due sono quindi le difficoltà: il reperimento delle informazioni  e il “trasferimento” delle informazioni stesse, poiché è necessario che anche un non esperto di una determinata disciplina possa comprendere (per poi poterle trasformare in applicazioni pratiche) informazioni che sono frutto di una ricerca nel campo ad esempio della fisica (di interesse nell’ambiente di lavoro per ridurre o eliminare rumore, vibrazioni, ecc.) o della chimica ( sostanze, preparati, ecc.).

Il tema della divulgazione

Il tema del “trasferimento” delle conoscenze è oggetto ai nostri giorni di un dibattito significativo anche tra scienziati e ricercatori, molti dei quali ritengono che un ente di ricerca, per meritare di operare e di essere quindi finanziato, dovrebbe al 50% fare ricerca e per l’altro 50% occuparsi della sua divulgazione, questo per restituire a tutti i cittadini quello che anche loro hanno contribuito a  finanziare e per elevare il livello delle conoscenze in termini diffusi nel Paese.

In merito ai temi di interesse per la tutela della salute e della sicurezza sui posti di lavoro è evidente come un unico ente dovrebbe raccogliere e diffondere  le informazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Così ad esempio opera l’Agenzia di Bilbao nata e voluta dal Parlamento europeo e dalla Commissione, proprio per assolvere a questo compito di divulgazione: non tutte le informazioni dell’Agenzia sono però accessibili nella lingua dei diversi paesi dell’Unione e non sempre sono perfettamente tagliate sui bisogni nazionali (è ovvio che sia così considerando il gran numero dei paesi comunitari e le differenze spesso notevoli tra l’uno e l’latro).

In Italia, all’inizio degli anni ’90, l’Ispesl (2) aveva dato vita, coinvolgendo le regioni, al Progetto Si.Pre (Sistema informativo prevenzionale) primo passo verso quel Sistema informativo per la prevenzione ben più complesso previsto dal D.Lgs. 81/2008, la cui istituzione è solo di pochi mesi fa e sulla cui fruizione da parte degli  utilizzatori finali  (le figure della prevenzione) abbiamo molti dubbi. La situazione è come al solito variegata. Abbiamo attualmente disponibili, nel sito dell’Inail, banche dati di grande valore e interesse, come ad esempio la Banca dati Informo (relativa alle modalità di accadimento degli infortuni mortali) e banche dati   la cui mancata manutenzione nel tempo ha reso di difficile utilizzo.

Vi è in Europa un analogo ente assicurativo, il Suva, che ha un sezione specifica per la prevenzione (SuvaPre). Esso permette una lettura anche in italiano dell’immenso patrimonio informativo e lo citiamo perché è uno dei migliori esempi a livello internazionale.

A livello nazionale, l’attività di ricerca e divulgazione svolta dai Sevizi delle Asl spesso in collaborazione con l’area ricerca dell’Inail fornisce ancora oggi le migliori e più sicure informazioni in materia di salute e sicurezza, ma per lo più tali informazioni sono accessibili solo nel sito della Regione di riferimento e non sempre sono di facile accesso.

Progetto Si.Pre (Sistema informativo prevenzionale) – Ispesl – Regioni

Il Si.Pre – Sistema Informativo per la Prevenzione – è un progetto lanciato  dall’ISPESL già nel 1990 e divenuto operativo a partire dal 1992, con la realizzazione di un insieme integrato di basi e banche dati alimentate con il contributo delle Regioni e dei Servizi di Prevenzione delle USL, ma anche utilizzando appieno gli apporti più qualificati di livello universitario.

Il progetto prevedeva inizialmente la creazione di tre banche dati (cui si sono aggiunti via via numerosi altri strumenti) tra loro correlate “Anagrafe nazionale delle ditte”, “Profili di rischio dei comparti produttivi” e “Soluzioni”. Quest’ultima è stata la prima banca dati delle soluzioni ad essere realizzata sia in Italia che in Europa.

Nel progettare il Sipre si è data una significativa rilevanza il problema della comunicazione ad utenti finali non esperti. La banca dati soluzioni in particolare doveva essere in condizioni di rispondere alle più diverse richieste ed interrogazioni da parte di utenti sia della piccola e media impresa, sia dei servizi di prevenzione delle Usl, istituti di ricerca,  Organizzazioni di categoria e di lavoratori.

Tra le banche dati quelle dei Profili di rischio di comparto, delle Soluzioni e delle  Safety check maggiormente testimoniano la storica collaborazione tra l’Istituto e i Servizi di prevenzione e sicurezza delle Usl avendo come obiettivo di individuare, attraverso appositi piani di ricerca, tutte le fonti informative necessarie per realizzare la valutazione del rischio nei singoli comparti produttivi. Attraverso le tre Banche dati viene messa a disposizione di tutto il territorio nazionale e nei confronti di tutti i soggetti interessati il frutto delle migliori esperienze realizzate dai Servizi nei loro territori mediante gli interventi di comparto che, da decenni, in molti territori avevano permesso di acquisire consolidate conoscenze sul profilo di rischio dei diversi settori lavorativi.

Le tre banche dati rappresentano uno “storico patrimonio” da cui partire per realizzare quel supporto, in particolare per le  Pmi, nella valutazione e gestione dei rischi, di cui oggi tanto si parla.

NOTE

(1) Il datore di lavoro ha in realtà un obbligo formativo solo nel caso assuma su di sé la responsabilità del Servizio di prevenzione e protezione.

(2) Dal   l’istituto è stato inglobato nell’Inail ed attualmente ne costituisce  l’Area ricerca

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