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Le radiazioni non ionizzanti

La radiazione elettromagnetica

La radiazione elettromagnetica si definisce di tipo Non Ionizzante in quanto caratterizzata da fotoni aventi energia molto bassa, inferiore a circa 12 eV, ossia corrispondente all’energia dell’elettrone in un campo elettrico di 12 Volt. Di fatto questa radiazione non è legata, come nel caso della Ionizzante, al possibile danno biologico dovuto a interazione con la cellula con possibile modificazione o morte della stessa ed eventuali mutazioni fisiche nelle generazioni successive

In modo più appropriato questa radiazione viene suddivisa nei seguenti range (campi di frequenza):

  • frequenza estremamente basse (dette ELF Extremely Low Frequencies) inferiore a 300 Hz in pratica le frequenze di rete 50-60 Hz
  • frequenze (dette radiofrequenze  RF) comprese tra 300 Hz e 300 MHz corrispondenti ad una lunghezza d’onda tra 1000 km e 1 m
  • frequenze (dette microonde MW) comprese tra 300 MHz e 300 GHz corrispondenti ad una lunghezza d’onda tra 1 m e 1 mm

 

Interazione delle NIR con la materia

Nel caso di  Radiazioni Non ionizzanti  il trasferimento dell’energia della radiazione al mezzo con cui interagisce è rappresentato dalla produzione di calore, fenomeno di notevole importanza qualora il mezzo attraversato è rappresentato da sistemi biologici, in quanto il calore può comportare un possibile incremento significativo della temperatura corporea e quindi  un possibile danno a livello cellulare e subcellulare.

È altresì utile osservare che da un punto di vista strettamente legato alla protezione  sanitaria, l’ossigeno e l’azoto presenti nell’aria assorbono questo tipo di  radiazione in misura tale che il problema della protezione da radiazioni di questa energia in pratica non si pone.

La prima osservazione fondamentale è che dal punto di vista delle radiofrequen­ze e microonde il vero mezzo assorbitore è costituito dall’acqua, ossia per un campo elettromagnetico l’uomo è assimilabile ad un contenitore d’acqua.

Occorre quindi fare una distinzione tra i tessuti ricchi di acqua, i quali  assorbono energia in misura maggiore, e quelli che non contengono acqua o ne conten­gono solo in minima parte, come per esempio il tessuto adiposo, nei quali l’assorbimento  è  inferiore.

Per quanto riguarda i vari tipi di tessuti (muscolo, pelle, ossa, ecc.)  si co­noscono abbastanza bene i parametri attraverso i quali è possibile valutare, in via del tutto teorica, il relativo deposito di energia e quindi è possibile fare  una valutazione dosimetrica.

Pertanto, dal pun­to di vista protezionistico, non è fondamentale conoscere la potenza dell’onda che investe un corpo, cioè l’esposizione, ma è molto più importante sapere quanta energia è stata assorbita dal corpo stesso, in quanto è proprio quest’ultima che può innescare dei meccanismi che possono portare a danni biologici: p.e. il riscaldamento indotto può provocare risposte fisiologiche legate alla termoregolazione e/o influenzare (per aumenti della temperatura di 1-2 °C/ora) lo sviluppo fetale, la fertilità maschile e opacità oculari.

 

SAR – Limite di esposizione

L’assorbimento di energia  è  misurato come tasso di assorbimento specifico di energia, inteso come valore mediato su tutto il corpo o su alcune parti di esso.  La grandezza fisica  è detta SAR (Rateo Assorbimento Specifico) e la sua unità di misura corrisponde all’energia in Watt per unità di peso in kg (SAR=W/kg).

Il SAR al corpo intero è una misura ampiamente accettata per porre in rapporto gli effetti termici nocivi dell’esposizione a radiofrequenze e gli studi condotti sono concordi nel ritenere sicuro un valore del SAR inferiopre a 4 W/kg.

L’ANSI ha posto un fattore 10 di sicurezza, fissando il limite  0,4 W/kg  per un uomo medio.

Su questo limite di sicurezza proposto dall’ANSI per il SAR concordano tutti i più importanti organismi internazionali ACGIH, IRPA e NRPB.

Per l’esposizione della popolazione viene determinato il limite del SAR pari a 0,08 W/kg,

 

Effetti biologici delle radiazioni e.m. 

Se l’esposizione è in grado di produrre un aumento misurabile della temperatura nella interazione con un sistema vivente si parla di effetti termici.
Se l’esposizione non è sufficientemente intensa da produrre un gradiente di temperatura significativo, si parla di effetti non termici.

Ancora oggi, a livello internazionale, se ne discute. Infatti, mentre sono generalmente rico­nosciuti gli effetti termici che partono da una determinata soglia di esposizione, non tutti concordano nel riconoscere quelli non termici, che si manifestano per esempio per esposizioni croniche a bassi livelli.

 

Effetti termici

Poiché il principale “scambiatore di calore” presente nel corpo umano è costi­tuito dal sangue, si può pensare che gli organi meno vascolarizzati costituiscano organi critici per quanto riguarda l’esposizione alle radiazioni e.m., in quanto, se riscaldati dall’esterno non hanno modo di ridistribuire il calore ricevuto tramite un’idonea circolazione sanguigna.

Da questo punto di vista, gli organi critici per eccellenza sono pertanto il cristallino e le gonadi maschili. In particolare il cristallino risente maggiormente dell’irraggiamento in quanto non essendo vascolarizzato va facilmente incontro a surriscaldamento.

 

Effetti non termici

Campi e.m. a intensità relativamente basse, tali da non provocare effetti termi­ci, vengono assunti da alcuni autori quali causa di un’incidenza maggiore nei lavoratori di turbe neuropsichiche. In particolare sono segnalati possibili effetti non termici a carico del sistema nervoso centrale, del sistema neurovegetativo, del sistema neuroendocrino e del sistema cardiocircolatorio, di contro le attuali conoscenze non dimostrano una associazione certa a insorgenza di tumori.

Il problema è che tutta questa sintomatologia è a carattere strettamente soggetti­vo e atipica, nel senso che moltissimi di questi sintomi sono collegabili e collega­ti ai numerosi agenti stressanti esistenti nell’ambiente di vita e di lavoro degli individui.

 

Normativa e modelli applicativi

Il problema reale nasce dal fatto che il SAR non risulta una grandezza misurabile e valutabile in vivo e quindi non risulta essere una grandezza operativa.

Occorre pertanto fare delle valutazioni su grandezze fisiche facilmente misurabili con strumentazione abbastanza diffusa. Nella pratica vengono definite le seguenti grandezze:

  • V/m  (Volt su metro) per il campo elettrico, A/m  (Ampere su metro) per il campo magnetico
  • μT (microTesla) per la misura dell’induzione del campo magnetico.

 

Valori limite di azione  

Sono i valori limite stabiliti dalle attuali norme legislative per le grandezze sopra definite. Essi sono determinati come valori limite di esposizione attraverso modelli matematici ed estrapolazione dei risultati ottenuti dalle ricerche di laboratorio.

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