Imparare dagli errori: infortuni dovuti al contatto elettrico diretto

Il quinto factsheet di Infor.MO è dedicato alle misure di prevenzione relative al contatto elettrico diretto durante l’attività lavorativa ordinaria.

In relazione all’analisi degli infortuni mortali accaduti nell’arco temporale 2002/2012 nella banca dati di INFOR.MO. e analizzati dal Sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi si è evidenziato come solo il 30% di eventi infortunistici dovuti a contatto elettrico diretto siano legati ad attività di manutenzione ed installazione di impianti elettrici o parti di essi. Circa nel 70% dei casi risulta invece che il lavoratore vittima di infortunio per contatto fortuito con linee elettriche era occupato in altro genere di attività lavorativa.

Questo è uno dei più interessanti risultati delle analisi presenti nella scheda informativa (factsheet) di INFOR.MO., elaborata da esperti del settore Ricerca INAIL e da operatori di prevenzione delle ASL, dal titolo “Scheda n.5: Il contatto elettrico diretto”.

La scheda ricorda innanzitutto che si parla di “contatto elettrico” diretto quando un soggetto “viene a contatto con una parte dell’impianto normalmente in tensione, ad esempio un cavo elettrico scoperto o un morsetto”. E in particolare nella statistica relativa alla distribuzione degli infortuni mortali, sempre nell’arco temporale 2002/2012 e con riferimento alla presente analisi, il contatto elettrico diretto “è al settimo posto nella graduatoria delle varie tipologie di incidente, con 168 casi su un totale di oltre 4000”.

I DATI RELATIVI AL RISCHIO 

Dalle informazioni presenti nella banca dati di INFOR.MO. emerge che “nel 62% dei casi l’infortunato operava nel settore delle Costruzioni”, mentre “quasi il 14% di infortuni si è verificato nell’ambito di attività tipiche del Manifatturiero e il 12% ha riguardato il settore agricolo”. A conferma della statistica precedente “quasi la metà degli infortuni ha avuto luogo in un cantiere destinato ad opere di costruzione, demolizione o generica manutenzione”.

La scheda, che invitiamo a leggere integralmente, si sofferma anche su vari dati descrittivi degli infortunati, come la tipologia contrattuale, il livello di istruzione, la distribuzione per età anagrafica e l’anzianità della mansione.

CONOSCERE I FATTORI DI RISCHIO 

Riguardo ai fattori di rischio e alle dinamiche infortunistiche, la scheda opera una distinzione tra due macro-gruppi:

  • contatto con linee elettriche durante l’attività lavorativa ordinaria;
  • contatto con linee elettriche durante l’attività di manutenzione ed installazione di impianti elettrici.

Per il primo gruppo, relativo alle attività non inerenti l’ambito elettrico, “la dinamica più ricorrente, 47% circa, è quella dovuta al contatto di mezzi pesanti con linee aeree di media o alta tensione. È un tipo di infortunio che avviene prevalentemente durante lo svolgimento di lavori edili. È il caso, soprattutto, di autobetonpompe utilizzate per eseguire dei getti di calcestruzzo o di autogru e autocisterne in manovra che impattano la linea”.

Il documento segnala che spesso questi incidenti sono anche “conseguenza di una mancata pianificazione preliminare, da effettuarsi con sopralluoghi dell’ambiente in cui verrà svolto il lavoro”. Altri fattori riguardano: “la mancanza di opportuna segnaletica che avverta della presenza della linea aerea; errori di procedura collegati alla carenza di formazione, informazione e addestramento degli addetti oppure alla carenza di vigilanza, con il conseguente instaurarsi di pratiche scorrette abituali. Infine, una mancanza di coordinamento e comunicazione tra i vari lavoratori coinvolti. Spesso, infatti, il contatto con la linea avviene a causa di terzi addetti alla manovra dei mezzi”.

Un altra dinamica significativa, registrata nel 33% dei casi, ha invece “riguardato il contatto di lavoratori in altezza posti su attrezzature quali trabattelli, piattaforme elevabili o ponteggi, sempre con linee aeree di media o alta tensione. È una dinamica frequente in edilizia, ma presente anche in ambito agricolo o forestale, interessando spesso addetti alla potatura di alberi. Anche in questa dinamica il fattore di rischio prevalente è la carenza di formazione, che in diversi casi ha comportato modalità di lavoro in altezza in prossimità di linee elettriche non disalimentate o non protette e in totale assenza di opportuni DPI. Un elemento critico da segnalare, soprattutto con riferimento a lavoratori posti su carrelli sopraelevati, è la mancanza di una pulsantiera autonoma che renda l’operatore indipendente dall’attività dei manovratori dei mezzi”.

Infine il residuale 20% dei casi ha interessato “lavoratori intenti ad attività più disparate e non facilmente catalogabili: l’operaio edile che taglia un cavo credendolo erroneamente non in tensione, l’addetto alle pulizie che si inoltra nella sala contenente un quadro con parti attive, ecc.”. Viene sottolineato come “una criticità spesso presente, sia la mancata predisposizione di idonei sistemi di segregazione e di accesso da parte di terzi, riconducibile anche in questi casi ad una assente o errata segnalazione”.

Riguardo al gruppo relativo al “contatto con linee elettriche durante l’attività di manutenzione ed installazione di impianti elettrici”, si indica che in questo genere di attività “l’assenza o il mancato rispetto di una corretta procedura lavorativa è presente nel 90% dei casi ed è molto spesso riconducibile ad una pratica scorretta, più raramente ad una mancanza di formazione. È il caso, ad esempio, di lavoratori che effettuano opera di manutenzione o installazione su impianti senza aver preventivamente verificato l’assenza di alimentazione degli elementi su cui intervengono. Altro errore procedurale diffuso si riscontra nel mancato coordinamento tra l’infortunato ed i colleghi che nel frattempo stanno svolgendo un’attività di supporto. Un esempio è quello di un lavoratore che provvede alla messa fuori tensione dei cavi in una cabina elettrica mentre l’altro, l’infortunato, si occupa dello sfilamento degli stessi”.

Inoltre al 25% dei casi dovuti esclusivamente ad un errore procedurale “si affiancano eventi il cui verificarsi dipende da ulteriori criticità. Nel 35% degli avvenimenti infortunistici, infatti, si rileva anche il malfunzionamento o la mancanza di dispositivi di protezione dell’impianto su cui si opera (ad esempio il mancato intervento dell’interruttore differenziale o l’assenza di protezioni fisse o mobili atte ad impedire il contatto con parti normalmente attive), oppure l’inadeguatezza della segnaletica di avvertimento sulla presenza di elementi sotto tensione; nel 30% dei casi si riscontra anche un problema legato ai DPI (scarpe, guanti, casco e utensili isolanti) o perché non forniti dal datore di lavoro o perché non adoperati dal lavoratore o perché non conformi”. Infine, nel 10% delle dinamiche analizzate “i fattori causali del contatto elettrico non hanno interessato aspetti procedurali, ma esclusivamente problemi tecnici relativi agli impianti oggetto dell’intervento ed agli equipaggiamenti di protezione individuale”.

LE MISURE DI PREVENZIONE

Riguardo alle misure preventive ci soffermiamo solamente su quanto riportato in merito al “contatto con linee elettriche durante l’attività lavorativa ordinaria”, rimandando ad un futuro “Imparare dagli errori” la presentazione delle misure preventive per le attività di manutenzione ed installazione di impianti elettrici.

Il factsheet sottolinea che la legislazione vigente e le relative norme tecniche “operano una distinzione tra misure di prevenzione e protezione riferite a lavori elettrici sotto tensione e a lavori non elettrici” (il D.Lgs. 81/2008 si occupa dei lavori elettrici sotto tensione all’art. 82 e dei lavori non elettrici in prossimità di parti in tensione non protette o non sufficientemente protette all’art. 117) e si ricorda che per lavoro non elettrico “si intende quello che non coinvolge impianti elettrici oppure li coinvolge esclusivamente quando questi sono in sicurezza, ma sempre per l’esecuzione di attività di natura non elettrica”. E nei lavori non elettrici “il rischio di contatto diretto con parti in tensione accessibili deve essere evitato garantendo il rispetto delle distanze di sicurezza indicate nell’Allegato IX al TU” (D.Lgs. 81/2008).

Si ricorda che tali distanze di sicurezza, che vanno da un minimo di 3 m ad un massimo di 7 m in funzione della tensione di esercizio, “sono riferite alle parti in tensione ‘non protette o non sufficientemente protette’, al netto degli ingombri derivanti dal tipo di lavoro, delle attrezzature utilizzate e dei materiali movimentati, nonché degli sbandamenti laterali dei conduttori dovuti all’azione del vento e degli abbassamenti di quota dovuti alle condizioni termiche. Una parte in tensione è ‘sufficientemente protetta’ se possono essere esclusi eventuali urti o sollecitazioni meccaniche derivanti dall’attività lavorativa che verrà svolta in vicinanza, tali da danneggiarne l’isolamento con conseguente accesso alle parti in tensione”.

Inoltre si indica che l’art. 83 del TU consente di “derogare alle distanze di cui sopra, a patto che vengano adottate le disposizioni organizzative e procedurali contenute nelle pertinenti norme tecniche, le quali sono ritenute idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi. Tali norme tecniche prescrivono il controllo continuativo degli operatori che svolgono il lavoro non elettrico da parte di una persona esperta (PES) avente istruzione, conoscenza ed esperienza rilevanti tali da consentirle di analizzare i rischi e di evitare i pericoli che l’elettricità può creare (ovviamente sono consentiti i lavori non elettrici in prossimità di parti attive messe fuori tensione e in sicurezza oppure protette da ostacoli o barriere)”.

La scheda si sofferma anche sull’art. 117 del TU che “consente misure di prevenzione alternative alle distanze di sicurezza, costituite dal sezionamento delle linea/impianto in vicinanza della quale devono essere eseguiti i lavori o dall’apposizione di idonei ostacoli per impedire l’accesso alle parti in tensione”.

Poiché i lavori non elettrici vengono tipicamente svolti da persone “prive di preparazione nel settore elettrico (persone comuni – PEC)”, concludiamo indicando che aumentare la prevenzione degli infortuni si rende necessario:

  1. “pianificare preventivamente il lavoro al fine di individuare le parti in tensione accessibili; è opportuno produrre un elaborato grafico riportante la posizione delle parti elettriche e le relative distanze di sicurezza, al netto degli ingombri derivanti dal tipo di lavoro, delle attrezzature utilizzate e dei materiali movimentati, nonché degli sbandamenti laterali dei conduttori dovuti all’azione del vento e degli abbassamenti di quota dovuti alle condizioni termiche;
  2. apporre in campo opportuna segnaletica, connessa al risultato della pianificazione;
  3. assicurarsi che il personale interessato ai lavori sia informato e formato sui rischi di natura elettrica;
  4. comunicare a tutti i soggetti esposti al pericolo il risultato della pianificazione e delle relative misure di prevenzione da adottarsi costituite, in alternativa, da: 1. sezionamento delle parti elettriche (messa fuori tensione e in sicurezza); 2. predisposizione di idonei ostacoli/barriere per impedire l’accesso alle parti in tensione (ciò rende necessario procedere preventivamente al sezionamento momentaneo delle parti elettriche al fine dell’apposizione degli ostacoli/barriere); 3. mantenimento delle distanze di sicurezza. In alternativa a 3. e solo al di fuori dei cantieri: 4. controllo continuativo (sorveglianza) dei lavoratori da parte di una persona esperta (PES)”.

 

> Sistema di sorveglianza nazionale degli infortuni mortali, “Scheda n.5: Il contatto elettrico diretto”, curata da M.Spagnuolo, R.Vallerotonda, M.Pellicci, G.Campo, A.Guglielmi (INAIL Ricerca DPO), M.Rho e M.Baldissin (ASL Milano) (formato PDF, 1.33 MB).

Fonte: Punto Sicuro e sito Infor.MO web

 

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