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L’esposizione a radiazioni ultraviolette e infrarosse

Torniamo a un documento del 2011, pubblicato dall’Inail per il settore metalmeccanico. Il tema è quello dell’esposizione alle radiazioni ultraviolette e infrarosse  e dei loro effetti sull’organismo, delle attività maggiormente esposte a questo rischio e della possibile prevenzione.
> LABOR TUTOR | Un percorso formativo sulla prevenzione dei fattori di rischio tipici del settore metalmeccanico

Fonte: Inail


Le radiazioni UV si distinguono a seconda della loro lunghezza d’onda.

  • radiazioni UV-A, “con maggiori capacità di penetrazione nella cute e nei tessuti esposti”;
  • radiazioni UV-B, “le più nocive”;
  • radiazioni UV-C, “con elevate capacità germicide”.

Il documento ricorda che

l’assorbimento di radiazioni UV in quantità moderata è utile all’organismo per la produzione di vitamina D, indispensabile per il metabolismo dei tessuti ossei.

Inoltre, le radiazioni infrarosse (IR)

sono emesse da tutti i corpi caldi. Ogni volta che si ha la sensazione di caldo in vicinanza di sorgenti di calore, si è in realtà colpiti da raggi infrarossi. Questi sono assorbiti facilmente dalla pelle e possono provocare ustioni.

L’esposizione professionale a radiazioni UV e IR naturali è

presente nelle attività lavorative svolte all’aperto, come edilizia, agricoltura, pesca, guide alpine, ecc.

Mentre l’esposizione a radiazioni UV artificiali

si verificano in occasione di attività con presenza di metalli incandescenti, con uso di archi elettrici o di apparecchiature germicide.

Le lavorazioni coinvolte, in generale, sono:

  • fusione e colata di metalli;
  • attività di saldatura
  • fusione del vetro;
  • sterilizzazione di alimenti, di strumenti o di ambienti sanitari;
  • cosmesi: “non trascurabile è l’esposizione delle estetiste, durante l’uso di lampade per l’abbronzatura artificiale a scopo cosmetico”.

L’esposizione a IR artificiali è presente nella:

  • fusione e colata di metalli;
  • saldatura;
  • fusione del vetro;
  • lavorazioni in prossimità di forni di cottura (esempio ceramiche).

Labor riporta poi alcune informazioni sugli effetti biologici dell’esposizione a radiazioni UV. Essi riguardano soprattutto la cute e l’occhio:

  • cute: “si possono avere effetti che compaiono immediatamente dopo l’esposizione, come l’eritema e successivamente l’aumento della pigmentazione (abbronzatura). Con esposizioni prolungate, si ha una progressiva degenerazione degli strati profondi della cute, che perde elasticità, con comparsa di rughe e solchi”;
  • occhi: l’esposizione a radiazioni UV “si manifesta con fenomeni di infiammazione delle congiuntive e della cornea (cheratocongiuntivite), con arrossamento, lacrimazione, fastidio alla luce. A distanza di tempo, si può manifestare la cataratta, una degenerazione del cristallino che rende opaca la visione”.

E uno degli effetti tardivi più gravi è la

possibile comparsa di tumori cutanei, come i carcinomi basocellulari, i carcinomi spinocellulari e i melanomi.

Invece gli effetti biologici dell’esposizione a radiazioni IR

consistono nel riscaldamento della cute, dal semplice arrossamento, fino all’ustione

e, analogamente alle radiazioni UV, le radiazioni IR

possono danneggiare l’occhio, determinando cheratocongiuntivite e cataratta da calore.

Come prevenirli? Il documento indica che è opportuno identificare e adottare specifiche misure di prevenzione, che

dovranno essere assai più restrittive per i soggetti particolarmente sensibili e indifesi naturalmente contro le radiazioni UV, come i soggetti albini, che hanno una assenza di melanina, pigmento protettivo, e i portatori di una malattia congenita detta xeroderma pigmentoso.

La protezione cutanea dei lavoratori esposti professionalmente a raggi ultravioletti e infrarossi naturali e artificiali consiste

nell’adozione di adeguati indumenti protettivi. Sono inoltre indispensabili gli occhiali protettivi, non solo per chi lavora a diretto contatto con le radiazioni UV e IR, ma anche per chi assiste o supporta queste attività.

Infine possono essere utilizzati

schermature su impianti o lavorazioni che generano radiazioni, al fine di delimitare il più possibile il propagarsi del fascio di luce, evitando così l’esposizione di altri lavoratori non direttamente coinvolti nelle operazioni a rischio.

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