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Cassazione Penale, Sez. 4, 17 ottobre 2014, n. 43480

Infortunio mortale e sequestro probatorio del mezzo: omicidio colposo commesso all’estero.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIRENA Pietro Antonio – Presidente –
Dott. IZZO Fausto – Consigliere –
Dott. CIAMPI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere –
Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza

sul ricorso proposto da:
G.A. N. IL (Omissis);
avverso l’ordinanza n. 38/2013 TRIB. LIBERTA’ di TERNI, del 07/01/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
sentite le conclusioni del PG Dott. Maria Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. …, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.

Fatto

1. Con ordinanza dell’8/1/2014 il Tribunale di Terni ha respinto la richiesta di riesame proposta da G.A. avverso il decreto con il quale il Pubblico Ministero presso quel Tribunale, in data 12/9/2013, aveva disposto il sequestro probatorio di un mezzo composto da motrice e annesso rimorchio di proprietà della SE.TRA.S. s.r.l., in quanto ritenuto causa dell’evento mortale occorso al dipendente B.M., avvenuto all’interno di un autolavaggio, situato nella cittadina tedesca di (Omissis).

2. Avverso tale provvedimento propone ricorso la società proprietaria del mezzo, per ministero del proprio difensore, articolando tre motivi.

2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione. Premesso che nella stessa denuncia querela, quanto alle circostanze del sinistro, si afferma che “tutti gli automezzi pesanti portati al lavaggio presso la struttura presente nei pressi di (Omissis) devono essere lasciati dagli autisti … nel box indicato dagli operai dell’autolavaggio i quali (soli) sono autorizzati ad entrare nel box durante le operazioni” e che pertanto “di fatto il compito dei dipendenti Se.Tra.S. è quello di portare l’automezzo presso la struttura e parcheggiarlo nell’apposito box per il lavaggio, controllare … che il mezzo venga adeguatamente pulito per riprenderlo solo alla fine delle operazioni” e premesso, altresì, che non sono noti i motivi per i quali le autorità tedesche, nel 2011, dopo aver effettuato le indagini necessarie, abbiano esercitato l’azione penale nei confronti del gestore della società di lavaggio dei mezzi pesanti, rileva che non si comprende quale tipo di accertamento diverso da quello espletato dalle autorità tedesche debba essere eseguito sulla motrice e sul semirimorchio e che, pertanto, la semplice affermazione che si debbano eseguire degli accertamenti si rivela motivazione meramente apparente, tanto più che sui mezzi in questione risultano eseguite periodiche revisioni annuali, le ultime in data assai prossima a quella del sequestro.

2.2. Con il secondo motivo deduce inosservanza degli artt. 335 e 406 c.p.p. per essere già scaduto il termine di durata delle indagini, pur computata la già concessa proroga.

2.3. Con il terzo motivo deduce inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione in relazione all’art. 9 c.p., comma 2.

Rileva, sotto un primo profilo, che il Tribunale del riesame, nel ritenere prive di fondamento le osservazioni mosse circa l’irritualità della querela priva di sottoscrizione autenticata, trattandosi di reato perseguibile d’ufficio, ha omesso di considerare che l’istanza della persona offesa è necessaria anche per consentire la procedibilità in Italia in ordine al reato di cui si tratta, benchè procedibile d’ufficio, in quanto commesso all’estero. Sotto altro profilo, lamenta che il Tribunale del riesame abbia motivato il suo convincimento in punto di sussistenza della competenza territoriale sulla base del rilievo che si tratti di delitto comune (infortunio sul lavoro) commesso all’estero ma astrattamente ascrivibile a un cittadino italiano, ovvero al datore di lavoro, così operando di fatto, sulla base della querela, una identificazione del legale rappresentante della Se.Tra.S. s.r.l.

quale autore dei fatti avvenuti in Germania. Ciò posto, lamenta il ricorrente che tuttavia il Tribunale non chiarisca quale sarebbe il collegamento tra la società proprietaria del mezzo in sequestro e i fatti occorsi.

Diritto

1. Quanto ai profili di ammissibilità del ricorso, deve preliminarmente rilevarsi che, per giurisprudenza ormai consolidata della Corte di legittimità, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo e probatorio è ammesso solo per violazione di legge ed in tale nozione si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Tale principio, enucleato già nel 2004 con una pronuncia a Sezioni Unite (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710), è stato ulteriormente sviluppato e chiarito, sempre con pronuncia a Sezioni Unite, nel 2008 (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692), e successivamente ribadito in numerose pronunce a Sezione semplice (tra le altre, Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Chiesi, Rv. 252430;Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010 , Angelini, Rv. 248129).

2. Esaminando partitamente le censure svolte dal ricorrente, il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

2.1. Oltre a trattarsi di procedimento iscritto a carico di ignoti, con possibilità di atti d’indagine da svolgere all’estero, ha rilievo dirimente la circostanza per cui l’inutilizzabilità ai sensi dell’art. 407 c.p.p., comma 3, degli atti d’indagine compiuti dopo la scadenza del termine ordinario o prorogato stabilito per la conclusione delle indagini preliminari differisce dall’inutilizzabilità comminata dall’art. 191 c.p.p., per le prove vietate, di cui non può essere fatto alcun utilizzo processuale.

Pertanto, la relativa questione non è rilevabile d’ufficio, ma soltanto su eccezione di parte secondo un regime di deducibilità assimilabile a quello previsto per le nullità a regime intermedio previsto dall’art. 182 c.p.p.; in conseguenza va proposta, se la parte assiste all’atto che si assume viziato, prima del suo compimento, e se ciò non sia possibile, immediatamente dopo o nella prima occasione utile (Sez. 1, n.36671 del 14/06/2013, Attanasio, Rv. 256699).

2.2. A ciò deve aggiungersi che la censura è stata proposta per la prima volta in sede di legittimità; l’assenza di qualsivoglia valutazione, nel provvedimento impugnato, in ordine alla tempestività del decreto di sequestro sottende la mancanza della relativa censura in sede di riesame ed impedisce al giudice di legittimità una pronuncia, che comporterebbe necessariamente l’esame del merito.

3. Il terzo motivo di ricorso è infondato.

3.1. Il Tribunale ha ritenuto corretta l’affermazione della giurisdizione italiana e l’individuazione del giudice competente per territorio, trattandosi di delitto comune (infortunio sul lavoro) astrattamente ascrivibile a un cittadino italiano, ossia al datore di lavoro, commesso all’estero e come tale punibile, ai sensi dell’art. 9 c.p., comma 2, su istanza della persona offesa, nella specie sussistente essendo stata avanzata querela – denuncia dal prossimo congiunto della vittima. Ha giudicato, altresì, destituita di fondamento la censura proposta in punto di nullità della querela perchè depositata da un incaricato ma priva di sottoscrizione autentica, ritenendo non essere questa necessaria per essere il reato procedibile d’ufficio.

3.2. Ancorchè con motivazione non corretta, emendabile in questa sede ai sensi dell’art. 619 c.p.p. in quanto inidonea ad incidere sul dispositivo, il Tribunale ha correttamente negato rilievo alla censura concernente l’invalidità della querela al fine di escludere la giurisdizione italiana, trattandosi di omicidio colposo perseguibile d’ufficio.

3.3. Pur essendo condivisibile quanto asserito nel ricorso, ossia che l’istanza della persona offesa fosse comunque necessaria anche per consentire la procedibilità in Italia in ordine al reato di cui si tratta, in quanto commesso all’estero, si tratta di argomentazione inidonea ad evidenziare vizi del provvedimento da sottoporre al sindacato di legittimità.

3.4. E’, in proposito, ricorrente nella giurisprudenza di legittimità la massima per cui la questione dell’improcedibilità per difetto di querela del reato ipotizzato esula dall’ambito del giudizio di legittimità sulla decisione di riesame del provvedimento applicativo di una misura cautelare reale, perchè attiene al merito (Sez. 2, n. 30675 del 26/06/2013, De Rosa, Rv. 257067; Sez. 2, n.32654, del 20/09/2006, Allegretti, Rv. 235314). In altre parole, la mancanza di una condizione di procedibilità può considerarsi elemento ostativo all’esercizio dell’azione penale ma è inidonea ad inficiare la legittimità del sequestro probatorio, in quanto atto d’indagine diretto ad assicurare le fonti di prova (Sez. U, n. 8 del 28/02/2001, Ferrarese, Rv. 218767; Sez. 4, n.24627 del 07/04/2004, Bianco, Rv. 228842, in tema di estradizione).

3.5. Non ignora il Collegio che, in taluni casi, la mancanza di una condizione di procedibilità possa configurarsi come situazione ostativa al compimento di singoli atti del procedimento anche nella fase delle indagini preliminari, come avviene nel caso di assenza dell’indagato dal territorio dello Stato ai fini dell’esecuzione di una misura cautelare personale (Sez. 1, n. 41333 del 11/07/2003, Mohamad Taher, Rv. 225751). Si tratta, tuttavia, di ipotesi diversa dal caso che qui occupa, in cui trova applicazione il diverso principio per cui la mancanza di una condizione di procedibilità può essere dichiarata solo nella fase processuale, come si evince dal contesto degli artt. 343 e 344 c.p.p., e soprattutto dal combinato disposto dagli artt. 50 e 129 c.p.p. (Sez. 1, n.2663 del 06/06/1991, Saidi Ben Abdelaziz, Rv. 188076).

4. E’, tuttavia, fondato il primo motivo di ricorso.

4.1. La violazione di legge attinente alla motivazione che poteva essere dedotta, secondo quanto si è premesso in merito all’ammissibilità dell’impugnazione, doveva evidenziare la totale omissione della motivazione ovvero la motivazione fittizia o contraddittoria, in altre parole l’utilizzo da parte del giudice di espressioni di stile o stereotipate oppure la presenza di un argomentare fondato sulla contrapposizione di ragionamenti decisivi di segno opposto.

4.2. Effettivamente, il ricorrente ha negato la presenza di una reale motivazione in merito alle finalità del sequestro. Trattasi di censura già formulata avverso il provvedimento di sequestro, in merito alla quale il Tribunale ha osservato che il provvedimento debba ritenersi rispettoso delle prescrizioni di legge, “contenendo esso non solo l’indicazione del titolo di reato per il quale si procede, ma anche il riferimento alla necessità di sottoporre i mezzi a vincolo reale in quanto ritenuti possibile causa dell’evento mortale occorso al B.”, dovendosi pertanto considerare indispensabile procedere ad accertamenti tecnici volti a verificarne la funzionalità, nonchè la presenza di eventuali difetti di costruzione e/o manutenzione che possano avere determinato l’evento mortale.

4.3. In punto di diritto, è necessario osservare che ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro probatorio non è necessaria la prova del carattere di pertinenza o di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo, essendo sufficiente la semplice possibilità del rapporto di queste con il reato. Come più volte affermato nella giurisprudenza della Corte di legittimità, il sequestro probatorio è una misura di ricerca della prova (Sez. 3, n. 35806 del 07/07/2010, Gianferrari, Rv. 248364); ai fini della legittimità del decreto di perquisizione e del conseguente sequestro, il fumus necessario per la ricerca della prova è, dunque, quello inerente all’avvenuta commissione dei reati, nella loro materiale accezione, e non già alla colpevolezza del singolo, sicchè il mezzo è ritualmente disposto anche qualora il fatto non sia materialmente accertato, ma ne sia ragionevolmente presumibile o probabile la commissione, desumibile anche da elementi logici (Sez. 3, n.6465 del 14/12/2007, dep.2008, Penco, Rv. 239159; Sez. 2, n. 84 del 16/01/1997, Becacci, Rv. 208468). Il sequestro probatorio, proprio perchè mezzo di ricerca della prova dei fatti costituenti reato, non può per ciò stesso essere fondato sulla prova del carattere di pertinenza ovvero di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo, ma sul fumus di esso, cioè sulla mera possibilità del rapporto di esse con il reato. Qualora, quindi, dal complesso delle prime indagini tale fumus emerga, il sequestro si appalesa non solo legittimo ma opportuno, in quanto volto a stabilire, di per sè o attraverso le successive indagini che da esso scaturiscono, se esista il collegamento pertinenziale tra res e illecito (Sez. 6, n. 1683 del 27/11/2013,dep.2014, Cisse, Rv. 258416; Sez. 2, n. 31950 del 03/07/2013, Fazzari, Rv. 255556; Sez. 3, n.13641 del 12/02/2002, Pedron, Rv. 221275).

4.4. Una motivazione che non sia meramente apparente deve, tuttavia, svolgere argomentazioni in merito al fumus di cui si è detto che siano ancorate alle peculiarità del caso concreto, qui caratterizzato dalla pendenza di un procedimento contro ignoti relativo a fatti verificatisi nell’anno 2011 in Germania, dove le indagini si sono rivolte verso soggetti che non hanno alcun legame con il mezzo sequestrato. Apodittica e fittizia è, in particolare, l’affermazione per cui il provvedimento di sequestro, disposto a notevole distanza di tempo dai fatti, indicherebbe il fumus del nesso di pertinenzialità degli automezzi con il reato in quanto gli stessi sarebbero “ritenuti possibile causa dell’evento mortale occorso al B., dovendosi pertanto considerare indispensabile procedere ad accertamenti tecnici volti a verificarne la funzionalità, nonchè la presenza di eventuali difetti di costruzione e/o manutenzione che possano avere determinato l’evento mortale”, senza alcun riferimento alle acquisizioni d’indagine denotanti le ragioni di tale affermazione.

5. Si tratta, dunque, di una motivazione apparente che, in quanto contrastante con il disposto dell’art. 125 c.p.p., concreta violazione di legge ed impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Terni per nuovo esame alla luce dei principi di diritto sopra enunciati.

P.Q.M. 

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Terni per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2014

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