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Cassazione Penale, Sez. 4, 17 luglio 2015, n. 31233

Infortunio mortale con un’attrezzatura semovente.

Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO
Data Udienza: 09/06/2015

Fatto

1. Con sentenza resa in data 1/10/2013, la corte d’appello di Milano ha integralmente confermato la sentenza in data 20/9/2010 con la quale il tribunale di Monza ha condannato G.DB. alla pena di un anno di reclusione in relazione al reato di omicidio colposo, commesso, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di A.M., in Brugherio, il 11/1/2006.
All’imputato, in qualità di legale rappresentante della ditta GT Servizi Ambientali s.r.l. e datore di lavoro del lavoratore deceduto, era stata originariamente contestata la violazione colposa dei doveri concernenti la predisposizione di misure idonee ad evitare che i lavoratori a piedi presenti nella zona di attività delle attrezzature semoventi subissero danni, nonché dei doveri cautelari concernenti l’azionamento del braccio meccanico dotato all’estremità di un dispositivo idraulico chiamato “polipo”, con la conseguenza che, nell’azionare il citato mezzo nonostante il posto di manovra non permettesse di vedere tutta la zona di azione (e in particolare quella dove il lavoratore deceduto dava indicazioni su come dirigere il braccio meccanico), il G.DB. aveva finito col cagionare la morte del lavoratore, schiacciandone la testa all’interno del ridetto dispositivo “polipo” destinato ad afferrare il materiale da raccogliere.
2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso l’imputato, censurando la decisione della corte territoriale per vizio di motivazione, per avere il secondo giudice non adeguatamente giustificato il mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche concesse all’imputato rispetto alle aggravanti contestate.

Diritto

3. Il ricorso è infondato.

Con riguardo alla doglianza relativa al mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti contestate, osserva il collegio come la corte territoriale abbia (sia pure implicitamente) proceduto al giudizio di bilanciamento delle circostanze sulla base di un’argomentazione dotata di apprezzabile linearità, non solo evidenziando espressamente l’insussistenza di motivi sufficienti per l’accoglimento della richiesta valutazione di prevalenza delle concesse attenuanti generiche, ma sottolineando altresì come la misura della pena inflitta all’imputato (così come risultante anche a seguito dell’avvenuto bilanciamento tra le circostanze), determinata nella misura di poco superiore al minimo edittale, fosse pienamente giustificata dal grado della colpa dell’imputato e dall’esistenza di precedenti penali a suo carico.
Si tratta di motivazioni che, in quanto non incongrue e non manifestamente illogiche, devono ritenersi tali da sfuggire integralmente alle censure in questa sede sollevate dal ricorrente.
4. Sulla base di tali premesse, rilevata l’infondatezza delle censure sollevate dall’odierno ricorrente, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso con la conseguente condanna del G.DB. al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9/6/2015.

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