Il reato per cui si procede, avendo la relativa previsione penale la funzione precipua di sollecitare la attivazione e la conservazione in adeguato stato di efficienza le opportune misure volte ad assicurare la prevenzione degli infortuni sul lavoro, è una tipica ipotesi di reato di pericolo per la realizzazione della quale si deve ritenere sufficiente l’attitudine della condotta dell’agente a pregiudicare, anche solo astrattamente, la sicurezza del lavoratore nonché l’integrità fisica delle altre persone, anche estranee ed occasionalmente presenti, gravitanti attorno l’ambiente di lavoro.
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GENTILI ANDREA
Data Udienza: 03/06/2015
Fatto
Con sentenza del 28 febbraio 2014 il Tribunale di Roma ha dichiarato C.A. colpevole del reato di cui all’art. 18, comma 1, lettera q), del dlgs n. 81 del 2008, in relazione all’art. 55, comma 5, lettera c), del medesimo testo legislativo, per avere fatto installare un impianto di refrigerazione che, presentando i conduttori di alimentazione elettrica non adeguatamente coperti, causavano rischi per la salute della popolazione, condannandolo, pertanto, alla pena di giustizia.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il C.A., il quale ha, prioritariamente, dedotto la nullità della sentenza impugnata per violazione di legge relativamente alla ritenuta sussistenza del rischio per la salute della popolazione. Ha poi contestato la mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo, tanto più che egli aveva provveduto alla nomina di un delegato per la sicurezza.
Infine ha contestato la omessa motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della non menzione.
Con motivo aggiunto, formulato con memoria depositata in data 16 aprile 2015, il ricorrente ha altresì chiesto la applicazione in sui favore della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen. per le ipotesi caratterizzate dalla particolare tenuità.
Diritto
Il ricorso è inammissibile.
Osserva, infatti, la Corte che il reato per cui si procede, avendo la relativa previsione penale la funzione precipua di sollecitare la attivazione e la conservazione in adeguato stato di efficienza le opportune misure volte ad assicurare la prevenzione degli infortuni sul lavoro, è una tipica ipotesi di reato di pericolo per la realizzazione della quale si deve ritenere sufficiente l’attitudine della condotta dell’agente a pregiudicare, anche solo astrattamente, la sicurezza del lavoratore nonché l’integrità fisica delle altre persone, anche estranee ed occasionalmente presenti, gravitanti attorno l’ambiente di lavoro (si veda in tale senso, sebbene in relazione ad altra norma, l’art. 437 cod. pen., anch’essa posta a presidio della sicurezza dei posti di lavoro, Corte di cassazione , Sezione I penale, 20 febbraio 2006, n. 6393; già in precedenza, sempre con riferimento allo stesso reato, Corte di cassazione, Sezione I penale, 4 novembre 1995, n. 10951).
Ritiene, pertanto, il Collegio che coerentemente con lo spirito e la finalità della disposizione che si assume essere stata violata dal ricorrente, il Tribunale di Roma ha ravvisato gli estremi dell’elemento materiale del reato de quo nell’avvenuta installazione a cura del C.A., di un apparato refrigeratore i cui cavi di alimentazione elettrica non erano convenientemente isolati e segregati; infatti, siffatta circostanza, considerata anche unitamente al fatto che l’installazione dell’apparato in questione era avvenuta in un ambiente che, per essere condominiale e non di proprietà esclusiva, era suscettibile di accesso e di frequentazione anche da parte di una pluralità di individui, non tutti necessariamente avveduti della esistenza del pericolo rappresentato dalla detta apparecchiature, faceva sì che vi fosse, in linea di principio, il rischio di accidentali, quanto chiaramente potenzialmente lesivi, folgorazioni da contatto con il flusso di energia elettrica convogliato all’interno del refrigeratore attraverso i predetti cavi.
Con riferimento alla mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato in capo al ricorrente, argomento che forma oggetto del secondo motivo di impugnazione da questo proposto, osserva la Corte che, trattandosi di reato contravvenzionale, ai fini della integrazione del reato in discorso è sufficiente che l’agente versi anche solamente in stato di colpa.
Poiché siffatta condizione psicologica si realizza, secondo la ben nota definizione che l’art. 43 cod. pen. dà del reato colposo, allorché l’evento – che qui dato dalla creazione della situazione di astratto pericolo – si realizza, fra l’altro, per imprudenza ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, deve ritenersi esaustiva la motivazione sul punto offerta dal Tribunale di Roma, laddove questo osserva che l’obbligo, trascurato dal ricorrente, di segregare convenientemente le parti elettriche delle apparecchiature è imposto dalla normativa europea in materia e laddove rileva che siffatto obbligo, per un’elementare norma di prudenza, non può dirsi surrogato dal fatto che l’Impianto elettrico sia dotato di un differenziale salvavita, potendo essere questo apparato soggetto a malfunzionamenti che non garantirebbero la diuturna sicurezza dell’impianto.
Il terzo motivo di doglianza è chiaramente inammissibile in quanto ci si lagna per un’omessa motivazione in ordine ad una questione, la mancata concessione del beneficio della non menzione della sentenza di condanna ai sensi dell’art. 175 cod. pen., che, per non essere stato il beneficio in questione oggetto di richiesta da parte dell’attuale ricorrente nel giudizio di merito, non esigeva che sul punto il Tribunale motivasse la mancata concessione.
Con riferimento al motivo di impugnazione formulato dal ricorrente con la memoria aggiuntiva depositata in data 16 aprile 2015, la cui ammissibilità deve essere affermata in ragione del fatto che – pur essendo il motivo aggiunto del tutto scisso dai motivi originariamente presentati e non uno sviluppo argomentativo di essi, così come dovrebbe, invece, di regola atteggiarsi il motivo aggiunto, onde non costituire una facile scorciatoia per eludere la disciplina in ordine alla perentorietà dei termini per la presentazione dei motivi di impugnazioni – esso ripete la sua astratta proponibilità dalla circostanza, sopravvenuta alla presentazione dal parte del C.A. dell’originario ricorso per cassazione, della introduzione, per effetto della entrata in vigore della novella contenuta nella legge n. 28 del 2008, dell’art. 131bis nel codice penale, osserva la Corte che non è dato riscontrare nel caso che interessa il requisito della particolare tenuità del fatto.
Ciò poiché, ad avviso del Collegio, la realizzazione della situazione di pericolo in pregiudizio di una ampia ed indeterminata platea di soggetti (tutti coloro che avrebbero potuto frequentare per ragioni di lavoro o per altri motivi l’ambiente condominiale ove era ubicata la apparecchiatura non convenientemente isolata) è fattore che ictu oculi – e quindi conformemente al ristretto ambito di apprezzabilità della fattispecie che in questa specifica materia, tanto più in questa fase di prima applicazione della norma de qua, deve ritenersi attribuito anche a questa Corte di legittimità – porta ad escludere, quanto al caso attualmente sottoposto a suo esame, la particolare tenuità del fatto.
Alla dichiarazione di inammissibilità della impugnazione segue, secondo la previsione dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2015