L’INAIL ha pubblicato, nel mese in corso, una Scheda sulla Differenza di sesso e di genere nell’esposizione ad agenti chimici sensibilizzanti cutanei che offre un arricchimento specifico al tema più generale della valutazione dei rischi in ottica di genere cui sempre INAIL ha, nello scorso anno, dato un contributo con la pubblicazione La valutazione dei rischi in ottica di genere aspetti tecnici, vol.I.
Nella Scheda è di interesse sia la specificità del rischio considerato, sia la metodologia che bene evidenzia le motivazioni per una valutazione dei rischi che tenga conto delle differenze di genere e di sesso che, nel caso dell’esposizione ad agenti chimici sensibilizzanti, “possono entrambe giocare un ruolo”. Per quanto riguarda la cute femminile e quella maschile studi biochimici hanno d’altronde mostrato come queste presentino tali differenze da motivare gli effetti diversificati a carico dei due sessi. [1]
Differenza di sesso
Parlare di differenza di sesso nella registrazione degli effetti sulla salute dovuti ad esposizione a fattori di rischio chimico vuol dire tenere in considerazione gli aspetti fisiologici, biochimici e ormonali, propri dei due sessi, che possono andare ad incidere sui processi tossici.
Differenza di genere
Parlare di differenza di genere richiede invece di tenere in considerazione anche quegli aspetti che vengono vissuti, sia in ambiente di vita che di lavoro, come “femminili” o “maschili” e che possono andare ad incidere sulle condizioni espositive ma anche sulla possibilità di registrazione di effetti avversi.
In merito agli agenti chimici sensibilizzanti la Scheda ricorda che è in corso a livello comunitario un iter per “ridurre sensibilmente la presenza di agenti chimici sensibilizzanti cutanei in prodotti tessili e del cuoio”. Il tema riguarda un numero significativo di persone: sono infatti circa 180.000, secondo l’Agenzia europea delle sostanze chimiche, coloro che ogni anno in Europa si sensibilizzano attraverso il contatto con questi agenti chimici. La restrizione è ancora in discussione e dovrebbe comprendere tutti i composti già classificati all’interno del Clp [2] come sensibilizzanti cutanei e quelli che in futuro potrebbero essere così classificati.
Gli studi relativi ai casi di sensibilizzazione dimostrano tra le donne una prevalenza di dermatiti allergiche da contatto, donne che lavorano prevalentemente come parrucchiere, infermiere, operatrici sanitarie: tutte “attività che prevedono lavoro umido”. Si sottolinea inoltre che le donne, e questo è un problema di genere, sono coinvolte in lavoro umido anche in ambiente domestico e come questo aspetto determina una maggiore fragilità della cute.
Un altro esempio significativo che motiva la necessità di tenere conto degli aspetti di genere nella valutazione dei rischi è dato dal caso dell’esposizione al nichel.
I dati epidemiologici storicamente hanno mostrato una incidenza di allergie a composti del nichel di circa il 20- 25% nella popolazione femminile rispetto al 4-5% nella popolazione maschile.
La spiegazione in questo caso non è legata solo al lavoro ma anche agli stili di vita/abitudini sociali: le donne, più frequentemente degli uomini, usano gli orecchini come ornamento fin da giovani, quindi possono aver acquisito una sensibilizzazione al nichel che, a seguito di ulteriori esposizioni, scatena le dermatiti allergiche da contatto. Lo scenario è cambiato con l’introduzione della Restrizione europea del 2006 [3], a seguito della quale la prevalenza di allergie da nichel nelle donne si è ridotta fino a livelli comparabili con quelli maschili (5%). Mentre indagini precedenti la restrizione tra uomini con piercing davano un aumento significativo di effetti avversi tra costoro.
La Scheda, seppur sintetica e specifica, offre un quadro interessante in merito alle due indagini, sia relativamente al lavoro umido che all’uso di orecchini/piercing, per comprendere
come la differenza di genere, possa incidere sulla registrazione degli effetti avversi, a cui si addizionano differenze fisiologiche nel contribuire agli esiti clinici.
Un contributo, quello della recente pubblicazione INAIL, utile proprio per la sua specificità e per gli approfondimenti in tema di genere, considerando che ancora oggi
nella valutazione dei rischi in ottica di genere, si rilevano difficoltà attuative e, più in generale, carenza di metodologie standardizzate. Occorre tenere conto, infatti, che non solo uomini e donne possono essere esposti a rischi diversi nei vari comparti di lavoro, ma possono rispondere in maniera diversa alla stessa esposizione a un determinato rischio. Tuttavia, ancora oggi, nei documenti di valutazione dei rischi la differenza di genere è spesso confusa con la tutela delle lavoratrici madri, che, invece, è declinata in una norma specifica (D.Lgs. 151 del 2001). Inoltre, tradizionalmente, la normativa non ha fatto distinzione tra i generi, tanto che luoghi di lavoro, macchine, attrezzature, postazioni e dispositivi di protezione individuale (dpi), sono stati progettati per individui occidentali, di sesso maschile e di corporatura ed età medie e standardizzate. Lo stesso è avvenuto per il calcolo dei limiti di esposizione alle sostanze pericolose. [4]
NOTE
[1] Bene lo illustra nella Scheda, che alleghiamo, la Figura 2, “Schema delle differenze fisiologiche della cute evidenziate tra uomo e donna.”
[2] Il Regolamento CLP (Classification, Labelling and Packaging) è il Regolamento europeo n. 1272/2008 entrato in vigore negli Stati Membri dell’Unione Europea il 20 gennaio 2009.
[3] Relativa al divieto di commercializzazione di prodotti che rilasciano nichel sopra specifici livelli di concentrazione in oggetti metallici destinati al contatto con la pelle.
[4] La valutazione dei rischi in ottica di genere – Aspetti tecnici. volume 1, luglio 2024. Pubblicazione realizzata da Inail, Consulenza tecnica per la salute e la sicurezza (Ctss), Consulenza statistico attuariale (Csa).