Repertorio Salute

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Salute circolare

Salute Circolare di Ilaria Capua Egea editoreÈ insolito per questa rubrica (Angolo Acuto) recensire un libro, ma questa volta è giustificato dalla competenza dell’autrice e dal contenuto innovativo e interessante per i nostri lettori.

L’autrice è la virologa Ilaria Capua, che in questo tempo contrassegnato dalla pandemia da Sars CoV 2, vediamo spesso in televisione. La Dott.ssa Capua è direttore dell’One Health Center of Excellence dell’Università della Florida. Un centro che ha la missione di proporre la salute come “sistema”. Si pone l’obiettivo di sviluppare, cioè, idee e proposte interdisciplinari per il co-avanzamento della salute dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente utilizzando i big data e l’intelligenza artificiale.

Il libro, uscito alla fine dello scorso anno, ha come titolo Salute circolare. Una rivoluzione necessaria.

Qual è il nesso con i temi che Repertorio Salute tratta? Naturalmente la definizione, o meglio il senso, del concetto di salute e i processi di miglioramento.

L’art.2 del D.Lgs. 81/2008 definisce alla lettera o) cosa si deve intendere con il termine “Salute”. La definizione riportata è quella che venne adottata dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) al momento della sua creazione nel 1946 e recita:

stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità.

La definizione, messa a punto nel secondo dopoguerra, rappresentò un notevole passo in avanti per l’epoca. Fino allora la spiegazione più diffusa era una sorta di tautologia: la salute è l’assenza di malattia. Non a caso l’OMS la inserii alla fine della propria definizione per negarne la validità. Il pensiero precedente, insomma, sembrava somigliare al noto pensiero epicureo sulla morte:

la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è lei, e quando c’è lei non ci siamo più noi.

È necessario dire che ci si muove all’interno di concetti tutt’altro che semplici. Lo stato di salute, come la morte, non sono per niente facili da spiegare, benché appaiano a tutti noi molto chiari.

L’OMS, quindi, nel 1946 adottò una frase che usciva dal cerchio chiuso dell’essere o non essere, e lo fece legando lo stato di salute non solo all’assenza di patologie, ma a qualcosa di più: il benessere. Così facendo spostò l’attenzione dal solo stato fisico a quello mentale cercando di indicare nell’unità della persona e nella sua “completa” armonia la condizione di salute. In realtà fece anche di più. Collegò questa armonia a una terza condizione. Al legame, attraverso le relazioni che ciascuno di noi ha con gli altri, con la società. Ora, però, scrive la Capua, la definizione dell’OMS mostra qualche crepa.

Alludendo a uno stato di completo benessere si finisce infatti per indicare un modello astratto e sostanzialmente irrealizzabile, giungendo così al paradosso di dover riconoscere che, non potendosi affermare per nessun essere vivente lo stato di completo benessere, siamo tutti, in modo diverso, ammalati.

Non è una critica da poco. Soprattutto perché, come dicevamo, la definizione dell’OMS è stata collocata, dal legislatore italiano, dentro una norma che serve a regolare gli interventi in questo campo nei luoghi di lavoro e quindi ne rappresenta l’orientamento. È necessario aggiungere che la critica avanzata dalla nota virologa sono tutt’altro che isolate, anzi di recente, più di uno studioso ha sollevato le stesse perplessità.

La Capua, dopo un lungo percorso riguardante i passi avanti compiuti dalla medicina, conclude che essi sono stati fatti sulla base di due caratteristiche. La prima riguarda gli scienziati che hanno tutti in comune una forma di apertura mentale che gli permette di non farsi condizionare dal quadro di conoscenze già acquisito. La seconda concerne la ricerca-osservazione compiuta non solo sulle persone, ma sull’universo in cui viviamo. Infatti, nel cercare cause o i rimedi si finisce, quasi sempre, per incontrare non solo uomini, ma animali, piante, perfino minerali. Il Covid-19 ne è l’esemplificazione illuminante. La causa sembra sia un salto del virus da alcune specie animali all’uomo. Il motivo del salto, sembra essere, il condizionale è d’obbligo, la pressione umana sul pianeta. L’aumento esponenziale della popolazione, la ricerca di cibo e di materiale utile per la produzione, l’inquinamento, la deforestazione, l’occupazione di terre vergini, impongono nuove convivenze tra virus, animali e uomini. E liberano specie viventi finora confinate in habitat inesplorati. Dunque, la medicina da tempo è costretta, conclude la virologa, a collocare la salute e la malattia all’interno di un circuito uomo-animale-piante-ambiente. Per esempio, scrive:

In questo scenario non possiamo più pensare di studiare la malaria o Zika (malattia trasmessa sempre da zanzare all’uomo ndr.) ignorando fenomeni quali il riscaldamento globale.

Le interconnessioni sono chiare e come per il Covid, la diffusione epidemica avviene trasportata dall’uomo che ha ormai ogni punto del pianeta a portata di 24 ore di viaggio. Nel caso della Zika infatti, i motivi della diffusione sono stati il turismo e le navi da crociera.

Concludendo. La definizione di salute va rapportata non solamente alla relazione persona-malattia, ma connettendola alle nostre relazioni con gli altri viventi con cui condividiamo il pianeta. Inoltre va resa dinamica e non più connessa al raggiungimento di un obiettivo statico. Scriveva uno studioso italiano alcuni anni fa che:

la salute consiste nella capacità di mantenere il proprio equilibrio nell’affrontare gli eventi della vita e di adattarsi ai cambiamenti del proprio ambiente. La salute necessita di ambienti favorevoli alla vita umana, di adeguate relazioni sociali e di opportune forme di cura reciproca e organizzata.

Questo cambiamento di punto di vista, la “rivoluzione necessaria” indicata nel sottotitolo del libro di Ilaria Capua, investe anche la salute nei luoghi di lavoro? Direi che non può essere che così. E questo comporta, nel mezzo di cambiamento epocali che si stanno realizzando nel mondo produttivo e sociale, conseguenze molto importanti.

Ma su questo torneremo.

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