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La Formazione è uno strumento di lavoro

Il 19 Ottobre del 2016, la IV° Sezione Penale della Corte di Cassazione ha condannato un Datore di lavoro per un infortunio accaduto a un lavoratore che, operando su un macchinario perfettamente a norma per tagliare dei tondini di ferro,  aveva sollevato la protezione mobile nella zona di taglio e inavvertitamente aveva infilato il dito sotto la cesoia amputandosi una falange.

La motivazione della sentenza:

si ricorda in particolare che l’art. 71 D.Lgs. 81/2008 fa obbligo al datore di lavoro di verificare la sicurezza delle macchine introdotte nella propria azienda e di rimuovere le fonti di pericolo per i lavoratori addetti all’utilizzazione di una macchina, a meno che questa non presenti un vizio occulto (Sez. 4, sent. n. 4549 del 29/01/2013); nella specie, come correttamente rilevato dalla Corte genovese, il rischio era conosciuto o quanto meno conoscibile da parte del datore di lavoro, ma non adeguatamente fronteggiato, atteso che, secondo quanto riferito dall’ispettore del lavoro, i lavoratori procedevano comunemente a protezione aperta per questione di ritmi,…..; da ciò si desume che il Datore di lavoro, pur mettendo a disposizione degli operatori un’apparecchiatura provvista di un dispositivo di sicurezza e pur risultando che tale dispositivo venisse in alcuni casi rimosso dai dipendenti, non agiva in modo da scongiurare il rischio che costoro potessero rimuovere detto dispositivo e, anche solo accidentalmente, posizionassero le dita in corrispondenza della zona di taglio.

Quel “procedevano comunemente” dice che il comportamento dell’addetto infortunato non può considerarsi abnorme. Come è noto, il comportamento imprevedibile e abnorme del lavoratore è l’unico caso per cui il datore di lavoro può essere sollevato da ogni responsabilità.
In questo caso, invece, il comportamento di manomissione della protezione era frequente, forse addirittura sollecitato per dare al lavoro un ritmo più intenso.

La sentenza procede con una seconda considerazione. Pur fornendo un macchinario in perfetto stato, il datore di lavoro non si è preoccupato di fronteggiare adeguatamente il rischio di una possibile manomissione dovuta alla struttura mobile della protezione. La stessa presenza di un dispositivo di protezione, secondo il giudice, dava l’indicazione chiara dell’esistenza di un rischio che andava prevenuto in funzione del concreto modo di operare, a lui noto, dei lavoratori addetti. In sostanza, dice la sentenza, se c’è una protezione c’è un rischio da cui proteggersi, e il datore di lavoro non può fermarsi all’osservazione che il macchinario ha già in sé un sistema di protezione, ma è tenuto a verificare se rispetto al modo di lavorare concreto quella protezione sia sufficiente o si debbano assumere altre misure anche solo di tipo organizzativo o informativo.

Il giudice fa notare, nel proseguio della sentenza, che si ravvede nell’operato del datore di lavoro una carenza dovuta all’omissione

delle misure necessarie all’utilizzo in sicurezza dell’apparecchiatura e nel fornire al lavoratore le necessarie informazioni e istruzioni.

Nella sostanza si ribadisce una cosa che spesso viene sottovalutata, e cioè che insieme alle informazioni generali previste nel libretto d’uso del macchinario e a quelle generali riguardo ai rischi possibili per chi lavora con un macchinario di taglio, è necessario informare e istruire il lavoratore sui rischi concretamente presenti nelle modalità quotidiane di uso di quella tipologia di macchina, derivanti dalle reali modalità organizzative di quel lavoro in quella precisa azienda. Con questo il cerchio si chiude.

Il datore di lavoro deve, acquistato un macchinario, accertarsi che sia a norma, valutarne il profilo di rischiosità per gli addetti e assumere tutte le misure idonee, anche oltre a quelle intrinseche al funzionamento del macchinario stesso, per poi organizzare il lavoro in sicurezza e monitorandone l’efficacia e il rispetto.

Detta così sembra chissà di quale faticosa impresa si tratti. Nella realtà ogni datore di lavoro fa questo già dal punto di vista produttivo, e cioè osserva se il nuovo acquisto sia effettivamente risolutivo per la produzione, se il suo uso possa essere migliorato e così via. Si tratta di unire a queste osservazioni quelle relative alla prevenzione di chi ci opera.

In definitiva, nella dinamica vita aziendale quotidiana, la teoria deve incarnarsi nella pratica di tutti i giorni. Niente di più e niente di meno.

> leggi la sentenza su ReS

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