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Uomini e robot: la nocività nel lavoro industriale

Nei prossimi anni alcuni fattori di rischio oggi presenti nel lavoro industriale diminuiranno di importanza, attenuati dall’uso delle tecnologie; altri (nuovi) fattori di rischio richiederanno una maggiore attenzione.

Industria 4.0 non eliminerà la fatica fisica, il rischio di infortunio e gli altri fattori di rischio tradizionali degli ambienti industriali, ma certamente avremo più strumenti per contrastare quei fattori di rischio:

  • Ai robot affideremo i lavori più nocivi, quelli più pericolosi e più fisicamente faticosi; l’utilizzo dei robot contrasterà e ridurrà gli effetti dell’invecchiamento della popolazione attiva, lavoratori che dovranno restare al lavoro fino ad età avanzata, per garantire la sostenibilità dei sistemi pensionistici.
  • Per quei lavori che comportano posizioni disagevoli, come ad esempio dover tenere gli arti superiori ad una certa altezza per periodi prolungati, o dover compiere movimenti ripetitivi che possono determinare danni muscolo-scheletrici, ci verranno in soccorso ausili come gli esoscheletri, che si stanno sviluppando nell’industria e in ambito militare.
  • L’internet delle cose consentirà di connettere macchine ed ausili, che in questo modo si renderanno riconoscibili ed acquisiranno intelligenza per supportarci nella gestione della sicurezza sul lavoro.
1. Robot fatality

Il 25 gennaio 1979 Robert Williams, come di consueto, si sta recando alla Ford motor company di Flat Rock (una piccola città nello Stato del Michigan) per effettuare il suo turno di lavoro. Nella sua mente chissà quali pensieri si saranno affollati, certo mai avrebbe immaginato di passare alla storia. Se sul PC digitiamo “Robot fatality”, troviamo su Wikipedia la storia di quella prima vittima di un robot industriale, ucciso da un braccio del robot.

Quindi un ambiente di lavoro dove uomini e robot si trovano a lavorare insieme presenta dei rischi di infortunio che possono essere causati da comportamenti incauti degli uomini e/o malfunzionamenti delle macchine. Ma se ai robot forniamo l’intelligenza artificiale, sono sempre più interconnessi, allora cresce la probabilità di subire attacchi cyber: siamo in grado di controllare eventuali accessi non autorizzati e modifiche non autorizzate o accidentali? Possiamo garantire che persone o sistemi non autorizzati possano modificare il software e i suoi dati, e magari prendere il controllo delle funzioni del sistema, con finalità di sabotaggio o di terrorismo?

A queste domande devono rispondere i progettisti e i fornitori, chi quelle macchine acquisterà e i suoi utilizzatori.

Non bisogna sottovalutare la possibilità che vengano progettate azioni per causare danni fisici ai lavoratori che utilizzano queste tecnologie, arrecare danni alla produzione, sabotare prodotti, carpire segreti industriali.

Suggerisce Carlo Lentini, ingegnere informatico, che le tecnologie della Blockchain e la Biometria possono essere utili strumenti per difenderci da questi rischi.

La Blockchain è la tecnologia utilizzata per la gestione delle transazioni delle cripto-valute. Consente di distribuire le informazioni digitali, ma non di copiarle e ciò significa che ogni singolo dato può avere un solo proprietario. Può essere descritta come un libro mastro digitale memorizzato in una rete distribuita. Poiché non esiste un solo posto dove sono contenute le informazioni, è più difficile effettuare manomissioni, poiché i dati esistono contemporaneamente in milioni di luoghi.

Come avvengono le modifiche su una Blockchain:

  1. una persona vuole effettuare una modifica su una Blockchain;
  2. la modifica creerà un nuovo “blocco”;
  3. il nuovo blocco sarà trasmesso a ogni computer sulla rete distribuita;
  4. il nuovo blocco è aggiunto alla catena, resterà traccia permanente della modifica e non sarà possibile cancellarla;
  5. i computer della rete distribuita devono approvare il cambiamento.

La Blockchain, nel contesto dell’automazione industriale rappresenta una soluzione per l’efficientamento dei processi. Ogni “nodo”, funzionale nel processo industriale, della rete distribuita, può eseguire i termini di un accordo contrattuale.
Nella transazione tra due entità che devono cooperare può essere inserito uno “smart contract” che permette di verificare in automatico l’avverarsi di determinate condizioni e di eseguire in automatico delle azioni. Lo smart contract si autoesegue nel momento in cui i dati riferiti alle situazioni reali corrispondono ai dati riferiti alle condizioni e alle clausole concordate. (Lentini C., 2018)
Queste caratteristiche della Blockchain che può essere abbinata all’autenticazione attraverso riconoscimento biometrico accrescono il livello di sicurezza informatica.

2. Esoscheletro antifatica

La rivista on line Industria italiana presenta, con un articolo di Marco Scotti dell’ottobre 2018, un modello di esoscheletro ad un costo inferiore a 5000 euro. I costi continueranno a scendere in un mercato che secondo l’International Federation of Robotics presenta interessanti scenari di sviluppo, che è cresciuto di oltre il 60% dal 2015 al 2017 e si stima che continuerà a crescere a un tasso annuo del 25% sino al 2020.

Gli esoscheletri dall’industria (che li impiega nei lavori di assemblaggio, imballaggio e per la gestione delle scorte, nei lavori “sottoscocca delle automobili” e nella fase di finitura, dove occorre tenere le braccia sollevate per lunghi periodi di tempo in una posizione innaturale) si diffonderanno in tutti quei lavori che causano problemi posturali e risultano particolarmente faticosi.

L’integrazione tra uomo e macchina (human-facturing), una manifattura in cui device robotici vengono in soccorso della componente umana per rendere il lavoro meno gravoso e più soddisfacente si estenderanno in tutti i campi, dall’agricoltura all’edilizia, dai cineoperatori della televisione e del cinema ai dentisti, tutti ambiti professionali che comportano un’alta frequenza di movimenti usuranti che possono sviluppare patologie muscolo-scheletriche.

Un esoscheletro può essere concepito per facilitare i movimenti ripetitivi e alleviare gli sforzi o per realizzare un potenziamento muscolare con cui sollevare dei pesi; può essere un semplice ausilio indossabile, ma può anche essere connesso. In questo caso occorre gestire problemi di privacy ed effetti psico-sociali per il lavoratore che lo indossa.

3. L’internet delle cose e la sicurezza sul lavoro

Carlo la sera ama fare le ore piccole con gli amici, e se non ci fosse la sveglia che tutte le mattine lo costringe a svegliarsi farebbe quasi sempre tardi al lavoro. La sua sveglia ha una caratteristica che la rende insostituibile: è collegata alla rete, e se vede che nel tragitto che Carlo deve fare per recarsi al lavoro c’è traffico lo sveglia con il giusto anticipo.

Franco invece ha la mamma che inizia ad avere dei problemi con la memoria. Deve prendere tutti i giorni delle medicine, ed è molto importante che non dimentichi di prenderle. Franco è tranquillo, perché il vasetto che contiene i farmaci lo avvisa se la mamma dimentica di prenderli.

Grazie allo sviluppo di Internet possiamo connettere gli oggetti alla rete. Questi acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su se stessi e accedere ad informazioni presenti sulla rete. Ai due esempi che abbiamo descritto se ne potrebbero aggiungere all’infinito, ciascuno di noi potrebbe avere esigenze, sia di vita quotidiana che di attività lavorativa, che potrebbero essere soddisfatte dall’Internet delle cose (IoT, Internet of Things).

Un’applicazione che ci aiuterà a controllare gli infortuni sul lavoro riguarderà la connessione ad internet dei tanti Dispositivi di Protezione Individuale (DPI): elmetti, imbragature anticaduta, mascherine, guanti antitaglio, cuffie antirumore, occhiali protettivi, scarpe antinfortunio, ecc.

Anche in questo caso possiamo immaginare di connettere qualsiasi dispositivo, e quali sono i servizi che tale connessione può renderci:

  • il controllo della corretta distribuzione a tutti i lavoratori dei dispositivi prescritti, e la compilazione di un registro aziendale e uno per ciascun singolo lavoratore;
  • la possibilità per l’utilizzatore di avere sempre a disposizione, sul proprio smartphone, le avvertenze di uso e manutenzione;
  • la certificazione dell’addestramento al loro utilizzo;
  • la verifica da parte del preposto degli accessi di personale non autorizzato, all’interno delle aree di lavoro;
    dimostrazione del corretto utilizzo da parte dei lavoratori dei dispositivi prescritti;
  • la verifica e registro delle scadenze di ispezione, revisione, manutenzione e sostituzione;
    gestione del magazzino;
  • in caso di incidente ed emergenza, la possibilità di verificare tutte le presenze nel luogo sicuro, l’esatta individuazione della posizione dei lavoratori eventualmente assenti e la verifica se il lavoratore è fermo, in piedi o caduto, o se invece è in movimento verso la via di fuga o direzioni errate;
  • il monitoraggio delle condizioni del lavoratore che svolge lavoro solitario.

Se il nostro IoT viene esteso ai mezzi in movimento, ad esempio i muletti, sarà possibile evitare eventuali investimenti attraverso la rilevazione (da parte del muletto) delle persone presenti nello spazio di manovra della macchina.
Non solo, quel muletto connesso ad internet, potrà essere utilizzato solo da personale che indossa  dispositivi che lo identificheranno come formato ed autorizzato.

Questo è solo una parte di ciò che oggi è già disponibile, l’internet delle cose ha come confini solo la nostra capacità di immaginare nuove applicazioni, formulare richieste e domande.


Per approfondire, dello stesso autore: Mobile workers quali nuovi rischi organizzativi, pubblicato sul numero di dicembre 2018 di “ambiente & sicurezza sul lavoro. Per leggere l’articolo clicca qui.

Carlo Lentini, Blockchain e Biometria per ridurre il rischio d’infortuni, su atti del seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp, Csa, Cit. Sfide e cambiamenti per la salute e la sicurezza sul lavoro nell’era digitale, INAIL Firenze 23 – 24-25 ottobre 2018).

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