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Un bilancio del 2015

Proviamo a fare un bilancio dell’anno che si va concludendo.

Partiamo dai dati infortuni forniti dall’Inail che, con tutti i limiti di cui poi diremo, sono gli unici che hanno il crisma dell’omogeneità, della confrontabilità e dell’ufficialità.

Nei primi dieci mesi dell’anno, questi sono i dati che abbiamo a disposizione al momento, gli infortuni sono stati 523mila contro i 549mila dello scorso anno. Un trend alla diminuzione che quindi continua anche quest’anno. Ma purtroppo c’è una novità. Gli infortuni con esiti mortali sono passati da 833 dello scorso anno a 988 con un incremento di quasi il 16%! La gran parte dei quali concentrati nel settore industria-servizi e su cui incide poco il tema dell’incidente in itinere, infatti su 988 sono 729 (73%) quelli accaduti in occasione di lavoro.

Per capire meglio cosa accade e soffermandoci solo ai 729 casi accaduto in occasione di lavoro, diamo uno sguardo alle regioni maggiormente colpite, non in assoluto, ma in proporzione agli occupati. Prendiamo in considerazione cioè l’indice di incidenza ( Infortuni/occupati) e lo facciamo utilizzando l’ elaborazione dei dati Inail svolta dalla Vega Engineering. Le prime cinque regioni sono:

  1. Molise
  2. Umbria
  3. Basilicata
  4. Campania
  5. Abruzzo

Le regioni italiane più grandi sono al 16° posto la Lombardia , 14° il Lazio, 12° il Piemonte e 13° il Veneto. Come si vede raggruppate insieme tra il 12° e il 16° posto.

Se guardiamo ai dati per aree geografiche, sempre in rapporto agli occupati, vediamo che il Sud peninsulare (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria) con circa  il 15% degli occupati totali ha però quasi il 24% degli infortuni con un tasso di incidenza del 50%! Mentre il Nord-Est (Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto), con il 14%circa di occupati hanno il 20% degli infortuni con un tasso di incidenza del 47,7%!

I settori economici più colpiti sono quelli tradizionali: edilizia, industria e trasporti con 256 morti e il 35% del totale. Colpisce però che il 41% degli infortuni con esiti letali avvengono in settori non determinati.

Un altro dato che salta agli occhi è che oltre il 35% degli infortuni accadono a persone che hanno oltre i 55 anni con un indice di incidenza spaventoso del 68,5% tra i 55 e i 64 anni di età e ben il 210% sopra i 64 anni ! Altro dato significativo è il dato dei giovanissimi tra i 15 e i 24 anni: quasi il 22% .

Il picco degli infortuni, infine, di registrano nei due giorni centrali, mercoledì e giovedì con il venerdì che segue a ruota.

Nel ragionare su questi dati comunque non possiamo dimenticare che come scrisse l’ANMIL:

L’Inail rileva […] solo gli infortuni che vengono denunciati dai suoi assicurati, i quali non rappresentano tutto il mondo del lavoro in quanto, come noto, oltre 2 milioni di lavoratori non sono assicurati presso l’INAIL. Alle stesse statistiche sfuggono, inoltre, quegli infortuni, per lo più di bassa-media gravità, che si verificano nell’ambito del “lavoro nero” e che lo stesso INAIL stima in oltre 150.000 casi l’anno. Infine, occorre tener conto anche del fenomeno della “sottodenuncia” vale a dire di quelle situazioni in cui i lavoratori vengono indotti a non denunciare l’infortunio oppure a farlo passare come non lavorativo, su pressione di datori di lavoro senza scrupoli che non intendono incorrere in eventuali ispezioni o aumenti del premio assicurativo.

La prima considerazione che viene da fare è che se l’andamento descritto verrà confermato anche per gli ultimi mesi dell’anno il 2015 si prospetta come l’anno che, dopo un decennio ininterrotto di contrazione delle morti sul lavoro, è destinato a segnare una preoccupante inversione di tendenza nell’evoluzione del fenomeno. Una situazione che nel nostro Paese non si verificava dal 2006.  A questo si aggiunge il costante aumento delle denunce delle malattie professionali.

È quindi una situazione che non deve passare sotto silenzio. Ricordiamo che l’Italia già prima registrava infortuni in una percentuale più alta dei principali Paesi europei e che ora se il dato verrà confermato si avrà un ulteriore allargamento della forbice.

La crisi evidentemente ha ridotto l’attenzione sui temi della salute e della sicurezza dei lavoratori e la paura della perdita del posto di lavoro ha, probabilmente, fatto la sua parte soprattutto sui lavoratori più anziani che pure dovrebbero vantare una maggiore esperienza. È probabile che anche l’espulsioni dal proprio posto di lavoro e la conseguente necessità di lavorare in una nuova azienda, con nuove mansioni, con l’ansia di mostrarsi adeguato abbia inciso sulla percezione del rischio dei singoli lavoratori.

In ultimo forse proprio la ripresa economica e occupazionale, non accompagnata da un aumento di investimenti sulla sicurezza, può essere una causa dell’aumento delle morti. Resta comunque chiaro che se continuano a diminuire gli infortuni mentre aumentano gli infortuni mortali significa che mentre in generale la situazione migliora, nei settori più a rischio si mantiene una bassa attenzione al tema della sicurezza dei lavoratori.

Su questi sarà necessario concentrare l’attenzione.

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