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Relazione sull’interconnessione del Testo Unico sulla sicurezza del Lavoro e il codice degli Appalti

Intervento di Claudio Petrelli alla Camera dei Deputati del 10 giugno 2015, circa la problematica delle relazioni tra codice degli appalti e Testo Unico per la sicurezza.

La sicurezza si progetta, il lavoro si tutela e il lavoratore si rispetta

Ovviamente nelle mie considerazioni non può non essere influente e determinante la mia esperienza professionale.

Partendo dalla considerazione che esiste una netta suddivisione della prevenzione infortuni in due livelli, dove abbiamo un primo livello dedicato alla sicurezza del lavoro a livello aziendale (titolo 1 del TUSL) e un secondo livello dedicato alle attività interferenti e dei
relativi rischi, mi sembra ovvio che la dicotomia tra il contenuto del TUSL Decreto Legislativo 81/08 e il Decreto legislativo 163/06 è senza dubbio generata dalla differenza degli obbiettivi dei due legislatori.

Stessa cosa la troviamo d’altra parte nelle norme in materia di Trasporti e in materia di Ambiente, laddove i precetti spesso sono divergenti se non in aperto contrasto con le norme di prevenzioni infortuni.

È come se nella sua ovvia complessità lo Stato abbia distinti interessi e scopi da perseguire, che si riflettono sulla produzione normativa. Di fatto spesso si avverte un’assenza di coordinamento normativo che non solo disorienta i cittadini ma rende molto difficile l’adempimento e l’osservanza delle leggi.

Sono convinto che la sicurezza del lavoro inizia dal contratto di appalto, dalla scelta delle imprese e dalla scelta dei professionisti, ed ovviamente dal controllo e dalla tipologia di controllo che viene effettuato sulle modalità e sulle procedure.
Eppure fu proprio da una norma sugli appalti (legge 55/90) che nel nostro ordinamento giuridico viene introdotto il concetto di analisi e valutazione dei rischi, che troverà poi nel 1991 e nel 1994 la sublimazione in norme in norme importantissime tra cui la 626/94.

Si passò da un sistema giuridico improntato sul concetto causa-effetto (es. pericolo di caduta di oggetti dall’alto – obbligo del casco; pericolo di taglio sulle mani – obbligo di guanti di protezione) ad un sistema apparentemente più semplice in cui veniva delegato al datore di lavoro l’obbligo di effettuare una rilevazione, analisi e valutazione di rischi della sua azienda con l’indicazione delle misure precauzionali e la programmazione degli interventi mitigativi del rischio e del miglioramento delle condizioni di miglioramento delle condizioni di sicurezza per i lavoratori.

Va riconosciuto che la normativa è spesso molto complessa in ragione anche della particolare cultura giuridica del nostro Paese e per garantire il rispetto della medesima, che spesso ed in molti casi si cerca di eludere o di derogare. Certamente in altri paesi anche europei tali norme sarebbero incomprensibili.

Attualmente le due normative in questione interagiscono tra di loro con enormi difficoltà, ed in alcuni casi, come nella ex legge obbiettivo introdotta all’interno del 163/2006, risulta incompatibile con il decreto legislativo 81/08 sancito dall’art. 304 di quest’ultimo allorquando questo sebbene implicitamente abroga le norme ad esso incompatibili e nel caso in specie nelle circostanza che vede le figure di garanzie del committente pubblico indicate e pagate dall’impresa “General contractor”.

Un’altra aberrazione, a mio avviso, ad oggi presente in tutti i campi, è il continuo ricorso al concetto di certificazione e asseverazione, che dovrebbero essere d’aiuto all’individuazione della presenza dei requisiti richiesti e non una sostituzione di questa attività con un semplice pezzo di carta.
Ho visto certificazioni false e in alcuni casi inutili rispetto al contenuto delle stesse senza rispondenza e senza alcuna efficacia.
Dovrebbe essere solo un metodo di lavoro e non la soluzione al problema delle scelta degli interlocutori giusti e adeguati.

Ho già affermato e ne sono convinto che la sicurezza del lavoro inizia dalla redazione del contratto di appalto. Parlo della capacità tecnico professionale dell’impresa affidataria.

Non è concepibile né accettabile che nonostante un impresa non possieda uomini o mezzi venga coinvolta in un lavoro pubblico. E non è accettabile che vi sia qualcuno che nel momento che si ipotizza un particolare lavoro che richiede particolari attrezzature impedisca che questo diventi un requisito perché questo aspetto ostacolerebbe la libertà del mercato.

Non è accettabile che un appalto venga conferito ad un Associazione temporanea di imprese o Raggruppamento temporaneo di imprese ATI o RTI che al suo interno contengo consorzi che a loro interno contengano altri ATI o RTI che a loro volta contengano altri consorzi e così via per arrivare alla realizzazione di uno scavo fronte di decine di imprese poi addirittura quel lavoro venga dato ad una ditta in sub appalto. Una
catena infinita di imprese non per lavorare me per aumentare i profitti e nascondere le responsabilità.

Gli obblighi previsti dagli articoli 26 e 90 del TUSL devono essere considerati perentori; se serve un determinato lavoro questo deve essere assegnato a chi ha i mezzi per poterlo fare e questo obbligo che fa capo al committente, dovrebbe avere la stessa forza dell’art.2087.

Al di fuori di questo ragionamento c’è il caos, ed infatti è quello che succede nel nostro Paese, dove la qualità dei lavori è bassa e i costi tra i più alti al mondo, per qualsiasi opera pubblica.

Stesso ragionamento deve essere fatto circa i costi/oneri della sicurezza (sul fatto di come chiamarli se costi o oneri, c’è stata una discussione enorme dai risvolti più politici che tecnici o giuridici).

A fronte di un’enorme riduzione degli oneri per le imprese che hanno avuto sulla manodopera con l’introduzione delle nuove tipologie contrattuali con un abbattimento dei costi della manodopera (sempre più flessibile e precaria) gli oneri della sicurezza rimangono spesso di libera interpretazione e di labile applicazione come concetto di importo non soggetto ad alcuna trattabilità. E spesso vengono aggirati in particolare negli appalti che vedono la presenza di ATI RTI Consorzi come sopra accennato.

È evidente che occasione è ghiotta. La riformulazione di un nuovo codice degli appalti dovrebbe essere un modo per aggiornare e integrare le normative e soprattutto per premiare investimenti o ricerca della qualità a danno dell’improvvisazione o del malaffare

Tra le proposte che farei potrei fare il seguente elenco :

  1. Impedire la possibilità di presentarsi ad una gara di appalto ad ATI, RTI e Consorzi
    che siano solo oggetto di architettura economico-giuridica-fiscale e che siano solo
    dei contenitori di una moltitudine di imprese incontrollate;
  2. I Coordinatori per la sicurezza devono di fatto avvere la stessa dignità giuridica della
    direzione lavori ipotizzando in sede di codice l’individuazione giuridica di un ufficio
    del coordinatore con assistenti e collaboratori;
  3. Limitazione di certificazioni ed asseverazioni o loro ridimensionamento ad elementi
    di un accertamento professionale ma non unici elementi di individuazione dei
    professionisti o di imprese;
  4. Individuare una catena di comando all’interno dell’appalto delle opere pubbliche per
    legge in grado di definire attribuzioni compiti funzioni e limiti alle singole figure e
    per dare certezze alla stazione appaltante e ai terzi che per qualsiasi ragione
    interagiscono con l’appalto.

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> scarica la nota “Sulla capacità tecnico professionale delle imprese. Annotazioni e appunti.”
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