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Problemi e criticità nell’attività del medico competente e del medico competente coordinatore

Gli interventi e l’attività  del medico competente  sono fortemente mutate negli ultimi anni.

Dal 1994 il medico competente, nel nostro Paese, assume in linea generale tre tipologie di compiti:

Compiti professionali (effettuare gli accertamen­ti sanitari , esprimere i giudizi di idoneità alla mansione specifica, isti­tuire ed aggiornare per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria una cartella sanitaria e di rischio ,valutare la opportunità di ef­fettuazione  visite mediche richieste dal lavoratore se la richiesta è correlata ai rischi professionali , aggiornamento  del registro degli esposti ad agenti cancerogeni per conto del datore di lavoro che li deve istituire, effettuare studi epidemiologici per evidenziare l’esistenza di anomalie nei lavoratori).

In definitva, la valenza clinica, in passato preminente nella fun­zione del medico competente, (deve) essere oggi completata ed integrata non solo da consistenti professionalità di tipo tecnico-igienistico, ma anche da una valenza epidemiologica di fondamentale importanza per la realiz­zazione di corretti flussi informativi nei confronti dei lavoratori e dei loro rappresentanti.

I Compiti informativi sono anch’essi molto consistenti e riguardano una vasta gamma di interventi ( collaborazione sull’attività di formazione ed informazione, comunicazione ai lavoratori del significato e del risultato scritto degli accertamenti sanitari e, a richiesta, nel rilascio di copia della documentazione sanitaria,comunicazione, a richiesta, di informazioni  ai rappresentanti per la sicurezza, comunicazione al datore di lavoro in caso di inidoneità del lavoratore,  comunicazione dei risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati ai  RLS nel corso delle riunioni periodiche di prevenzione dai rischi).

Infine i compiti collaborativi riguardano la predisposizione di tutte le misure per la tutela della salute e dell’integrità psico-fisica dei lavoratori. Tra questi la collaborazione nella valutazione del rischio e nella redazione del documento conclusivo sulla valutazione, la visita degli ambienti di lavoro almeno una volta l’anno, la parteci­pazione alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori, l’istituzione del primo soccorso e le attività di formazione ed informazione, la partecipazione alla riunione periodica di prevenzione, l’infor­mazione al datore di lavoro sulle misure protettive speciali da attuare per lavoratori esposti a cancerogeni ed a rischi biologici (vaccini, allontanamento temporaneo, ecc…), la comunicazione ai lavoratori delle annotazioni ripor­tate sui registri degli esposti a cancerogeni e ad agenti biologici. Infine la trasmissione all’INAIL, in caso di neoplasie da lavoro,di decessi o malattie da agenti biologici, di copia della documentazione clinica per l’inserimento nell’archivio dei tumori o nel registro dei danni da agenti biologici.

Si tratta di una vasta gamma di attività da svolgere , spesso in condizioni di lavoro assai differenti nelle diverse aziende ed è opportuno segnalare che, proprio per la mole di incombenze che riguardano tali professionisti, vi sono alcuni problemi particolarmente sentiti e  connessi alla attività specifica del medico:

  • Anzittutto, la non sempre facile collaborazione e sinergia con gli altri attori della prevenzione in alcuni compiti collaborativi che prevedono il supporto al datore di lavoro. Sarebbe invece  indispensabile maggior dialogo e comunicazione (ad esempio, solo per citare una attività tra le tante, l’acquisto  e la scelta dei DPI da parte di altre funzioni aziendali senza i lconcorso del MC).
  • Vi è poi la presenza di categorie di lavoratori addetti a compiti complessi e delicati  per i quali non è strettamente prevista sorveglianza sanitaria ai sensi delle vigenti norme ed in ordine ai quali esiste solo la possibilità della “visita a richiesta” prevista dall’art. 41 co 1 lettera “b” Dlgs 81/2008 (movimenti ripetitivi,microclima sfavorevole, ecc.). Questa condizione rappresenta spesso una difficoltà applicativa.
  • Si determina poi frequente difficoltà e sporadicità  nella effettuazione dei controlli dopo la cessata esposizione a cancerogeni ovvero a radiazioni ionizzanti (situazione che riduce talvolta l’efficacia dei precedenti controlli effettuati in azienda).
  • Vi sono poi crescenti difficoltà nella possibile collocazione di personale differentemente valido  “es:in mansioni di minor aggravio” specie per lavoratori specializzati nelle PMI che talvolta non hanno possibilità di reperire  mansioni alternative  per di più in un momento di grave crisi occupazionale. Di modo che in non pochi casi,i medesimi, in assenza di posti di lavoro per loro idonei, finiscono per chiedere la tutela dell’occupazione prima della tutela della salute.
  • Scarso coordinamento sugli interventi di bonifica previsti spesso non in fase progettuale ma allorchè si “evidenzia” l’urgenza e/o l’esigenza delle medesime bonifiche “in fase di avanzata produzione”  cioè proprio quando i costi sono più elevati, le metodiche di bonifica più difficili da attuare ed i tempi di bonifica più lunghi
  • Che dire poi dell’omessa emanazione delle procedure di sicurezza in tema di igiene e prevenzione in molte realtà produttive – spesso di piccole e medie dimensioni – ove è diffusa la pratica di vivere la valutazione dei rischi  come imposizione burocratica e non come strumento di miglioramento e di qualità?
  • Altro aspetto critico è la non infrequente trascuratezza nell’approfondimento, valutazione e  predisposizione delle attività di prevenzione complessive che le aziende conducono in situazioni critiche e spesso per loro difficili.
  • Il medico si puo anche trovare di fronte ad una inadeguata politica di sicurezza nonostante le indicazioni espresse o a una Inadeguata informazione a visitatori, giovani, stranieri, lavoratori autonomi sulle condizioni di rischio e soprattutto su emergenza ed evacuazione.
  • Alcune situazioni sono caratterizzate da un difficoltoso, inappropriato, scarso uso delle protezioni personali e spesso anche collettive a causa di inadeguata formazione.

I dati della letteratura “grigia” sui MC testimoniano del resto il malessere che spesso pervade questi professionisti, soggetti nelle retribuzioni talvolta a ribassi dequalificanti,  e che annoverano  tra le cause che determinano la risoluzione del loro incarico di medico competente  spesso “giudizi di idoneità con limitazione” non graditi da parte del datore di lavoro, o  denunce “non accettate” di malattia professionale da parte del medico competente, “reprimende” ricevute a seguito delle medesime denuncia di malattia professionale,  mancato pagamento delle parcelle , impossibilità a svolgere il ruolo (disorganizzazione aziendale, impossibilità a svolgere le visite di idoneità, disastro organizzativo, ecc.).

Con diversi casi – nella nostra esperienza-   di risoluzione del contratto di medico competente  dovuti ad attività ritenute sgradite al datore di lavoro anche in aziende di primissimo piano, a testimonianza della esistenza di un conflitto di interesse del medico competente chiamato da un lato ad adempiere ad obblighi normativi nei confronti dei quali ha una responsabilità penale (oltre che etica) e dall’altra  retribuito dal datore di lavoro con  ampia libertà da parte di quest’ultimo di scegliere i medico più “adeguato” alle proprie “esigenze”

Aspetti particolari riguardano poi  il medico coordinatore nominato allorché vi siano aziende con più unità produttive, nei casi di gruppi d’imprese nonché qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità.

Ebbene,anzitutto la giurisprudenza ha chiarito che ogni volta che una azienda ha più medici competenti ne deriva la legittimità della nomina di un coordinatore e l’organo di vigilanza, valutata la situazione , puo’ imporre la nomina di un coordinatore ove non sia stato nominato (TAR Abruzzo Sentenza 38/2010)  Si rileva poi che tale professionista  in alcuni casi  impone un piano sanitario univoco a cui i medici devono sottostare anche se dissentono  o se non ne condividono i contenuti
o svolge, in modo eticamente poco trasparente, ruoli di duplicità (es “avvocato dell’azienda”) facendo pressione sui colleghi in tema di giudizi di idoneità o di malattia professionale al fine di modificarne il comportamento addirittura contingentandone il numero di inidoneità o limitazioni  da loro proponibili nei confronti dei lavoratori.

  • Comportamenti discutibili, come quelli di  proporre, di concerto con la direzione aziendale, compensi professionali prestabiliti poco consoni alla dignità e fortemente dequalificanti mentre il realtà il medico competente coordinatore dovrebbe provvedere ad uniformare il piano sanitario magari previa discussione ed approvazione  nel corso di periodiche riunioni tra tutti i medici competenti aziendali. Scelte discusse e condivise che possono anche prevedere piccole differenze tra medici diversi dovute a normative o indicazioni locali o regionali differenti o alla sensibilità o scelta del singolo medico che poi firma.Allo stesso modo, il medico coordinatore dovrebbe poter  uniformare, per quanto possibile, i criteri di idoneità in presenza della stessa patologia con l’ausilio di linee guida, favorendo comunque  il confronto tra i medici attraverso incontri periodici e garantendo il flusso informativo tra i colleghi sugli aspetti critici quali la normativa, la applicazione di linee guida, la casistica sui temi specifici, l’epidemiologia nell’azienda. Il tutto, contribuendo a favorire o assicurare la formazione soprattutto sui rischi specifici aziendali, monitorando qualità delle prestazioni ed assicurando  efficienza ma soprattutto efficacia delle azioni
  • Se tale deve essere il disegno (la “vision”) dell’attività di coordinamento, è evidente che tra le incombenze dei medico competente coordinatore si può annoverare anche la ricerca e valutazione  dei MC necessari sulla base di competenza ed esperienza. Egli, infine  stabilirà, unitamente ai colleghi, i criteri di scelta per eventuali denunzie di malattia professionali valutando l’aderenza delle specifiche attività al codice etico della ICOH che, per legge, i MC devono osservare.

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