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La cultura della manutenzione al tempo dei robot

La cultura della manutenzione al tempo dei robot

Paolo Gentile
Ergonomo, sociologo del lavoro e dell’organizzazione
Editor del sito www.rs-ergonomia.com


Era il dicembre del 1993, chi ricorda l’astronauta che esce nello spazio per riparare il guasto rilevato da terra sul telescopio spaziale Hubble?
La prima missione di riparazione effettuata nello spazio. Nella conquista dello spazio, gli astronauti, saranno sempre più spesso sostituiti da robot, inviati in missione sulla Luna, su Marte e sugli altri pianeti del nostro sistema solare. La colonizzazione dei pianeti del sistema solare sarà affidato a robot, in grado di essere monitorati dalla terra, autoripararsi od essere riparati a distanza, a parte qualche rara (improbabile) visita dell’uomo. Robot che ci invieranno immagini di quei mondi, esploreranno il suolo e la geologia dei pianeti, estrarranno materie prime rare sulla terra, sperimenteranno produzioni in alternativa alla produzione sulla terra…

La fase più matura della società industriale è stata caratterizzata dalla crescita della classe media a livello sociale e della tecnostruttura a livello aziendale, oltreché dal diffondersi dei consumi e della società di massa. Gli anni sessanta, del secolo appena trascorso, sono stati anni di euforia guidati dalle idee dell’opulenza della società di massa e della possibilità di disporre di risorse senza limiti. (De Masi D., 1985)

Il Club di Roma fu tra i primi a lanciare un grido di allarme, a partire dal 1972, con una serie di rapporti. Il primo di essi, il più famoso, è quello di D. Meadows pubblicato in Italia con il titolo “I limiti dello sviluppo”, dove si sostiene, attraverso l’analisi di alcune variabili ritenute fondamentali (popolazione, produzione industriale, produzione di alimenti, sfruttamento delle risorse naturali, inquinamento) che entro il 2100 il sistema mondo subirà un collasso causato dall’esaurimento delle risorse naturali non rinnovabili.

Tale preoccupazione diverrà concreta a distanza di poco tempo; agli anni dell’euforia e dell’opulenza ne seguono altri di crisi politiche, economiche, sociali e culturali: quegli anni mostreranno la fallacia della previsione di uno sviluppo senza limiti.

La nuova rivoluzione industriale, la società “post-industriale”, nasce con la consapevolezza che il sistema mondo è limitato e che se si vuole scongiurare il collasso è necessario cambiare rotta, intervenire sulla crescita di due delle variabili che più di altre sono responsabili del depauperamento delle risorse: la popolazione e la produzione industriale. L’attività produttiva dovrebbe essere maggiormente indirizzata verso i servizi piuttosto che verso il consumo crescente di beni materiali,  mediante un’accurata progettazione attenta anche alla possibilità di una facile riparazione, si dovrebbe tendere ad allungare la vita media dei prodotti, con diminuzione dei livelli di inquinamento e dei consumi di materie prime. (Calabretta S., 1985)

I disastri regionali e i movimenti ecologisti hanno diffuso nella società i valori della manutenzione: si organizza il recupero e il riciclaggio delle materie prime e dei prodotti utilizzati; la funzione manutenzione, con il diffondersi di sistemi sempre più complessi, assurge ad un ruolo di primo piano nelle imprese e sul mercato. L’operaio di manutenzione diventa un colletto bianco, un tecnico, un ingegnere.

L’insufficienza delle attività di manutenzione sembra essere uno dei fattori esplicativi del sottosviluppo economico: alcuni paesi in via di sviluppo soffrono prima di tutto della cattiva utilizzazione e del cattivo stato degli impianti, più che della loro mancanza, (Bilgin N., 1988)

Possiamo ormai delineare un’economia della manutenzione che ha come aree di intervento:

  • l’ambito aziendale,
  • l’ambito dei beni collettivi,
  • l’ambito della cooperazione con i paesi in via di sviluppo.

Lo sviluppo di queste aree di intervento potrebbe consentire di occupare un numero elevato di giovani in tutti i paesi avanzati. (Brunetta R., 1988).

Mentre acquisivamo questa consapevolezza, negli ultimi 30 anni, nel nostro Paese, gravati da un debito pubblico crescente, abbiamo pensato di poter intervenire disinteressandoci della manutenzione dci beni collettivi. I risultati di tali scelte sono sotto gli occhi di tutti: non abbiamo fermato il debito pubblico che è continuato a crescere, abbiamo mandato in malora il territorio, le strade e i ponti, le scuole e gli altri edifici pubblici, … abbiamo perso posti di lavoro e precarizzato altro lavoro.

L’Associazione Italiana Manutenzione (A.I.Man) nel suo Manifesto culturale ci ricorda come negli ultimi anni si sia assistito ad un

crescente allargamento del concetto di manutenzione, da processo demandato al mantenimento in efficienza dei sistemi, […] a strumento di miglioramento e innovazione continua in un contesto sostenibile di impiego delle risorse. La manutenzione diventa così una scienza di confine fra ingegneria, tecnologia e filosofia dello sviluppo, che le conferisce una dimensione etica e un insieme di valori, che mirano all’eliminazione degli sprechi e alla responsabilizzazione dei comportamenti.

Siamo passati negli ultimi 50 anni dalla forma prevalente e più arcaica di manutenzione, la manutenzione di emergenza, o a rottura avvenuta, legata agli albori dello sviluppo industriale e ancora prevalente negli anni del nostro sviluppo industriale, attraverso politiche di manutenzione sempre più sofisticate: preventiva hard time, opportunistica, predittiva, su condizione, attraverso lo sviluppo di tecniche ispettive condition monitoring, fino ad arrivare alla manutenzione a guasto zero, ai sistemi informativi di manutenzione, alla manutenzione 3.0, ai modelli partecipativi e alla progettazione “open source”.

Le nuove tecnologie informatiche e telematiche, lo sviluppo della robotica e l’IA, permettono di realizzare attività diagnostiche e manutentive a distanza: le macchine comandate da programmi informatici possono essere collegate in rete, controllate, si possono effettuare diagnosi che permettono di ripararle a distanza, anche senza la necessità dell’intervento diretto del manutentore, o con necessità ridotte di intervento umano.

… Il lavoro di manutenzione in sé rappresenta un’attività a rischio elevato …

L’attività di manutenzione e la sicurezza sono strettamente correlate per almeno quattro aspetti:

  • La sicurezza durante i lavori di manutenzione, un problema che si riferisce soprattutto ad impianti dove si trattano sostanze tossiche, infiammabili o esplosive, ma anche lavori su impianti elettrici, in spazi confinati, in quota, ecc; questi lavori comportano una serie di cautele e il rispetto di procedure di sicurezza, oltre ad una adeguata qualificazione degli operatori.
  • Le verifiche di sicurezza degli impianti, il mantenimento delle condizioni di sicurezza degli impianti che comporta programmi di controlli periodici delle parti critiche. La corretta e completa esecuzione degli interventi di manutenzione influisce direttamente sulla sicurezza di chi poi dovrà utilizzare quel macchinario od impianto.
  • La manutenzione correttiva, ovvero gli eventuali interventi migliorativi su impianti e macchinari per realizzare modifiche rispetto il progetto iniziale e migliorarne la progettazione; interventi che possono, se non attentamente gestiti, anche introdurre punti deboli ed alterarne la sicurezza globale.
  • Durante le attività di manutenzione si creano interferenze tra i manutentori e i lavoratori di altre aziende (art. 26 del D.Lgs. 81/2008) ma anche con i lavoratori della stessa azienda addetti ad altre lavorazioni, queste interferenze non sempre sono prevedibili in fase di valutazione dei rischi.

Per approfondire: dello stesso autore: Ergonomia della manutenzione, una nuova sfida per il management aziendale, pubblicato sul numero di febbraio 2017 di Ambiente & sicurezza sul lavoro.

Continua.

Bibliografia

Nuri Bilgin, Dalla società industriale alla società della manutenzione, in Note e commenti CENSIS, anno XXIV, n.2/3, febbraio/marzo 1988.

Renato Brunetta, Economia della manutenzione e beni collettivi, in Note e commenti CENSIS, anno XXIV, n.2/3, febbraio/marzo 1988.

Stefano Calabretta, Club di Roma: i limiti dello sviluppo, in D.De Masi (a cura di) L’avvento post-industriale, Angeli, Milano 1985

Domenico De Masi, La società post-industriale, in D.De Masi (a cura di) L’avvento post-industriale, Angeli, Milano 1985

Paolo Gentile, La manutenzione nella piccola e media azienda, EPC 1990

Paolo Gentile, Ergonomia della Manutenzione, Palinsesto 2013

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